Gianni Riotta: La Chiesa dopo Wojtyla. Se il sacro si nasconde in una danza mistica

14 Aprile 2005
E se il prossimo Papa dovesse occuparsi di danza? Da lunedì i cardinali sono in conclave per eleggere il primo pontefice del Terzo Millennio e tra i problemi da affrontare ci potrebbe proprio essere la danza: è lecito, o no, impiegarla nella liturgia cattolica? Al funerale straordinario di Giovanni Paolo II gruppi di pellegrini polacchi l’hanno ricordato con il girotondo delle tradizionali tarantelle di Cracovia. Tante volte il Santo Padre era stato salutato, in vita, da fedeli danzanti, a Bruxelles nel 1995 per la beatificazione di Damien De Veuster, l’apostolo dei lebbrosi, gli hawaiani avevano celebrato con la hula e i fiori al collo. Alla Giornata della gioventù di Roma 2000 ancora coreografie, a simboleggiare i cinque continenti. E in Messico, per la canonizzazione di Juan Diego, indigeni discendenti degli Aztechi accolsero Karol Wojtyla con la limpia , ancestrale cerimonia di purificazione, danza, incenso ed erbe per esorcizzare gli spiriti maligni. Eppure la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti vieta esplicitamente ‟la danza dal culto cattolico”, stabilendo che ‟non può far parte di nessuna celebrazione liturgica”, perché introduce nei riti uno dei meno sacri e più dissacranti ‟ementi”, creando ‟un’atmosfera profana” che trasforma le cattedrali in discoteche. E il cardinale Jorge Medina Estévez, a lungo prefetto della Congregazione, ha vigilato perché la norma non venga violata, per esempio scrive il vaticanista John Allen nel suo saggio All the Pope’s men imponendo al vescovo di Honolulu di vietare la sinuosa hula dalle parrocchie delle Hawaii. Che succederà adesso? La musica sacra sarà accompagnata dalla danza sacra, in omaggio alle culture locali? Secondo Allen, l’arcivescovo Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, non sarebbe ostile alla danza liturgica, persuaso che dove la Chiesa aderisce alla cultura popolare, come in Africa e in America Latina, prospera. Il successore di Giovanni Paolo II si troverà davanti una Chiesa con un miliardo e novanta milioni di domande, una per credente: sull’Islam, la nuova etica della vita e della morte, il divario ricchi e poveri, il lungo silenzio sulla pedofilia negli Usa, il celibato dei sacerdoti, la crisi delle vocazioni, il ruolo delle donne nella comunità pastorale. Il cardinale Carlo Maria Martini parla di collegialità della Chiesa perché consapevole che adesso la forza centrifuga della trasformazione agirà con forza. Ratzinger lamenta con angoscia ‟la barca che fa acqua” , perché sa che il gregge smarrito è orfano del Grande Pastore. Davvero il catechismo in inglese va riscritto in Vaticano? E per il giapponese? E lo swahili? S’è molto discusso dell’eclisse del sacro dalla nostra epoca, ma chi legge con pazienza Orazio, Dante e Boccaccio, Leopardi e Tolstoj, sa che aspirazioni spirituali e terrene miserie convivono da sempre con lo spirito umano. I popolani che staccavano trucioli di bara dal catafalco dei pontefici medievali e i fedeli che scattano foto del Papa morto con il cellulare tengono in petto l’identico miscuglio di paura e fede. Il cardinale di Hollywood, Roger Mahony, parla di ‟vibrante Chiesa dei poveri” e ‟Chiesa ammalata dei ricchi e dell’Europa” . Il mondo globale ha sete di Dio, nel nostro confuso confine di tecnologia dominante e superstizione strisciante, dove si può creare la vita in vitro o seminare devastazione. Non è dunque morto Dio, né la nostra umile ricerca di sacro e spirituale s’è fermata. È dominante ‟l’inerzia” , criticata dal monaco trappista Thomas Merton, che ci impone di perpetuare mali antichissimi, dalla disuguaglianza all’egoismo. Al nuovo Papa guardano un miliardo e novanta milioni di cattolici apostolici romani. La nuova sfida sarà rispondere a ciascuno, in una sola lingua. Per questo i cardinali, papabili o no, pregano in queste ore lo Spirito Santo con fervore da chierichetti.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …