Gianni Riotta: Se l'Unione regala Tony alla destra

27 Giugno 2005
Per capire che tipo di interlocutore avesse davanti, lo scrittore Leonardo Sciascia chiedeva talvolta ‟Lei, da che parte avrebbe combattuto a Waterloo?”, sintetizzando nel suo modo elegante due opposte visioni del mondo. La Gran Bretagna razionale del Duca di Wellington, operosa e industriale, tollerante ma imperiale, libera nel rispetto sovrano della legge, contro la Francia figlia della Rivoluzione, madre dei diritti dell’uomo, innamorata di Napoleone. La ragione riformista di Londra contro la passione utopica di Parigi simboleggiano un antico scisma progressista, filtrato nel Novecento dall’icona inglese Bertrand Russell, matematico, pacifista, saggio, contro il totem francese Jean Paul Sartre, filosofo, comunista, tormentato. Il discorso di ieri del premier laburista Tony Blair, all’esordio della presidenza britannica dell’Unione Europea, ripropone il canone anglosassone, pur dichiarandosi ‟europeista appassionato”. Il destino offre a Blair la guida dell’Europa giusto dopo la disfatta del presidente Jacques Chirac nel referendum contro la Costituzione. E la sua proposta è nel solco della tradizione londinese: mercato, efficienza, diritto e impegno nel mondo, non più sorretto dall’orgoglio imperiale vittoriano, ma dalla compassione socialista fabiana. Il Vecchio continente vive confuso la tragedia della Costituzione perduta, la commedia della baruffa sul bilancio e l’epica del declino economico. Blair propone di innovare, senza imbalsamarsi in sussidi egoisti e goffi protezionismi, scommettendo sul futuro, per radicarsi tra Usa ed Asia. Forte di otto anni di governo che hanno visto la disoccupazione restare bassa, la spesa sanitaria salire, la povertà tra i bambini ridursi e le pensioni minime per gli anziani crescere, Blair sa di non essere un orco. I suoi risultati possono indurre nella sinistra italiana una salutare crisi di coscienza o una petulante paralisi. Tanto gioca contro Tony Blair: la nostra opposizione nutre rancore per l’appoggio all’odiato George W. Bush in Iraq e diffidenza per un socialismo democratico che si occupa di criminalità, lavoro, valori, trasformando un modello sociale che non possiamo più permetterci, né perpetuare ai figli. Guerriero in nome della democrazia, nemico dello status quo, Blair è da molti considerato a sinistra avversario mascherato, non alleato da studiare. Insistere nella scomunica del premier laburista è un errore strategico, che può raccattare qualche consenso, ma si rivelerà una trappola se il centrosinistra tornerà al governo nel 2006. Allora, finiti i comizi, i leader dell’Unione, Prodi, Fassino, Rutelli, dovranno rimettere in moto la nostra grippata economia. Non è difficile che ce la facciano senza considerare, almeno in parte, le proposte di Blair: è impossibile. Tanto vale allora tendere la mano al fratello separato, chiudere la diaspora dell’Iraq, discutere il piano sociale neolaburista. Blair lavora già sull’Europa ventura, con la democristiana Merkel cancelliere a Berlino e il gaullista Sarkozy leader a Parigi. Tra due conservatori Blair avrà bisogno di copertura da un premier italiano progressista. Negargliela vorrà dire isolarsi, con la Casa Bianca, nella Nato, all’Onu, nell’Unione Europea. ‟Regalare” Tony Blair al centrodestra sarebbe futile testimonianza di una sinistra incapace di ben ordinare il Paese nel ribollente mondo globale: sarebbe schierarsi dalla parte sbagliata.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …