Riccardo Staglianò: "Ecco perché l´Italia è più a rischio". Un colloquio con l’esperto di strategie internazionali Robin Niblett

29 Luglio 2005
‟Un anno fa la minaccia era seria ma l´infrastruttura non era pronta. Oggi tutto fa credere che anche quella sia ormai in piedi”. Robin Niblett è il vice presidente del Center for Strategic and International Studies di Washington, il think tank più ascoltato quando si parla di terrorismo. E, nella sua veste di direttore del "programma europeo", ha avuto molto da fare in queste ultime settimane. Dice: ‟Con questa accelerazione negli attentati sembrano voler esportare il modello iracheno in Europa”.
Per Berlusconi "incombe un possibile attentato". E Pisanu, mai allarmista, si è sbilanciato: "Allarme alto". Solo questione di tempo?
‟Non so dire niente della tempistica ma gli allarmi crescenti del vostro governo sono ormai sempre più ragionevoli. Siete sulla lista e state ai primi posti adesso che, dopo Madrid, è stata colpita anche Londra. Assistiamo a un´accelerazione degli attacchi, a una maggiore corrispondenza tra minacce e bombe”.
Noi più nel mirino di altri?
‟Di sicuro più a rischio di quei paesi europei che non hanno sostenuto l´iniziativa Usa in Iraq o mandato truppe là. E poi ci sono due fattori aggiuntivi. Primo: i terroristi possono sperare che un attacco provochi drammatiche ripercussioni politiche, come in Spagna, considerata l´analogia nel divario tra l´attitudine dei cittadini e del governo nei confronti della guerra. Secondo: gruppi islamisti hanno usato il vostro paese come base operativa negli ultimi anni. La vostra polizia e i vostri giudici sono stati particolarmente attivi nel contrastarli. Un´attività, dal loro punto di vista, che andava vendicata. A Londra gli attentatori avevano "profili" tali da non insospettire la polizia. Ma avevano contatti con persone che l´intelligence conosceva. Il lavoro dell´antiterrorismo italiano punta anche a scoprire in anticipo queste connessioni”.
Anche l´estate scorsa però le sedicenti Brigate Abu Hafs Al Masri ci hanno minacciato e fortunatamente non è successo niente. Allora il ministro dell´Interno parlò di "terrorismo mediatico". Cosa è cambiato?
‟È sempre molto difficile distinguere minacce fatte per ingrassare la paura e quelle cui segue l´evento annunciato. Sono dell´idea che anche allora l´intento era serio ma che servano tempi tecnici per "mantenere le promesse". Anche tra il primo attentato al World Trade Center nel ‘93 e quello dell´11 settembre sono passati 8 anni. Quanto alle minacce dell´anno scorso, non le sottovalutai. Per diventare realtà però serve la capacità di realizzarle, ovvero, contatti, formazione, il materiale umano, vale a dire gente disposta anche a farsi saltare in aria. A giudicare dai fatti dell´ultimo mese e dagli sviluppi più recenti delle indagini su scala europea quella infrastruttura è ormai pronta”.
Anche la frequenza è aumentata...
‟Sì. Dopo Madrid c´era stato un periodo di quiete. Oggi la serie è sempre più serrata. In questa accelerazione c´è un disegno strategico unitario che sembra voler esportare il modello terroristico iracheno in Europa”.
Crede, come scriveva il ‟Washington Post”, a una regia unica, magari di Bin Laden come hanno ipotizzato alcuni analisti?
‟Sempre che sia vivo, mi sembra difficile essere così precisi. Potrebbe essere l´egiziano Al Zawahiri, o uno dei suoi luogotenenti. Ciò che serve per orchestrare campagne globali del terrore come quelle cui stiamo assistendo è un organizzatore, un pensiero strategico: alzare la paura in Europa”.
Ma Al Qaeda non era sconfitta?
‟La vecchia struttura forse, quella che corrispondeva all´etimologia originaria: "la base". Da tempo ha cambiato fisionomia, è un network multinazionale che sfrutta le stesse frustrazioni e fa appello agli stessi sentimenti, colpendo localmente ma con un disegno globale. Un terrorismo glocal, per usare un neologismo di moda”. ‟Un anno fa la minaccia era seria ma l´infrastruttura non era pronta. Oggi tutto fa credere che anche quella sia ormai in piedi”. Robin Niblett è il vice presidente del Center for Strategic and International Studies di Washington, il think tank più ascoltato quando si parla di terrorismo. E, nella sua veste di direttore del "programma europeo", ha avuto molto da fare in queste ultime settimane. Dice: ‟Con questa accelerazione negli attentati sembrano voler esportare il modello iracheno in Europa”.
Per Berlusconi "incombe un possibile attentato". E Pisanu, mai allarmista, si è sbilanciato: "Allarme alto". Solo questione di tempo?
‟Non so dire niente della tempistica ma gli allarmi crescenti del vostro governo sono ormai sempre più ragionevoli. Siete sulla lista e state ai primi posti adesso che, dopo Madrid, è stata colpita anche Londra. Assistiamo a un´accelerazione degli attacchi, a una maggiore corrispondenza tra minacce e bombe”.
Noi più nel mirino di altri?
‟Di sicuro più a rischio di quei paesi europei che non hanno sostenuto l´iniziativa Usa in Iraq o mandato truppe là. E poi ci sono due fattori aggiuntivi. Primo: i terroristi possono sperare che un attacco provochi drammatiche ripercussioni politiche, come in Spagna, considerata l´analogia nel divario tra l´attitudine dei cittadini e del governo nei confronti della guerra. Secondo: gruppi islamisti hanno usato il vostro paese come base operativa negli ultimi anni. La vostra polizia e i vostri giudici sono stati particolarmente attivi nel contrastarli. Un´attività, dal loro punto di vista, che andava vendicata. A Londra gli attentatori avevano "profili" tali da non insospettire la polizia. Ma avevano contatti con persone che l´intelligence conosceva. Il lavoro dell´antiterrorismo italiano punta anche a scoprire in anticipo queste connessioni”.
Anche l´estate scorsa però le sedicenti Brigate Abu Hafs Al Masri ci hanno minacciato e fortunatamente non è successo niente. Allora il ministro dell´Interno parlò di "terrorismo mediatico". Cosa è cambiato?
‟È sempre molto difficile distinguere minacce fatte per ingrassare la paura e quelle cui segue l´evento annunciato. Sono dell´idea che anche allora l´intento era serio ma che servano tempi tecnici per "mantenere le promesse". Anche tra il primo attentato al World Trade Center nel ‘93 e quello dell´11 settembre sono passati 8 anni. Quanto alle minacce dell´anno scorso, non le sottovalutai. Per diventare realtà però serve la capacità di realizzarle, ovvero, contatti, formazione, il materiale umano, vale a dire gente disposta anche a farsi saltare in aria. A giudicare dai fatti dell´ultimo mese e dagli sviluppi più recenti delle indagini su scala europea quella infrastruttura è ormai pronta”.
Anche la frequenza è aumentata...
‟Sì. Dopo Madrid c´era stato un periodo di quiete. Oggi la serie è sempre più serrata. In questa accelerazione c´è un disegno strategico unitario che sembra voler esportare il modello terroristico iracheno in Europa”.
Crede, come scriveva il ‟Washington Post”, a una regia unica, magari di Bin Laden come hanno ipotizzato alcuni analisti?
‟Sempre che sia vivo, mi sembra difficile essere così precisi. Potrebbe essere l´egiziano Al Zawahiri, o uno dei suoi luogotenenti. Ciò che serve per orchestrare campagne globali del terrore come quelle cui stiamo assistendo è un organizzatore, un pensiero strategico: alzare la paura in Europa”.
Ma Al Qaeda non era sconfitta?
‟La vecchia struttura forse, quella che corrispondeva all´etimologia originaria: "la base". Da tempo ha cambiato fisionomia, è un network multinazionale che sfrutta le stesse frustrazioni e fa appello agli stessi sentimenti, colpendo localmente ma con un disegno globale. Un terrorismo glocal, per usare un neologismo di moda”.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …