Gianni Riotta: Il maratoneta Romano contro l’acrobata Silvio E in palio c’è l’Italia

17 Marzo 2006
Scelta nitida dal dibattito Silvio Berlusconi Romano Prodi. Gli elettori non potranno lagnarsi di dovere decidere alla cieca, o male informati. I due leader, Berlusconi e Prodi, e i due uomini, Silvio e Romano, sono diversi come più non si può, irriducibili l’uno all’altro. Non si piacciono, vedono il mondo da poli opposti, considerano il passato, il presente e il futuro della Repubblica con criteri divergenti. La discussione, finalmente regolata e senza arbitrii, è stata chiara, il corpo degli elettori può decidere con animo sereno. Chi ritiene che l’Italia sia sulla giusta rotta, che gli scorsi cinque anni siano stati operosi di leggi, che davvero il gabinetto Berlusconi abbia, come ha detto il premier, approvato più riforme di tutti i precedenti governi dal 1945 (e questo avrà lasciato un po’amareggiati De Gasperi, Nenni, Fanfani, Moro, Giolitti e Ugo La Malfa), che a scuola si impara l’inglese, che l’euro sia una iattura, che le grandi opere siano in allestimento e che l’emigrazione sia regolata, voterà centrodestra. Chi invece ritiene che l’economia italiana vada più lenta del resto d’Europa, che il conflitto di interessi del premier sia un’anomalia, che senza coinvolgere le comunità locali niente grandi opere, vedi Tav, che le code alle Poste indichino un distorto mercato della forza lavoro, voterà centrosinistra. La personalità dei due leader propone un referendum altrettanto radicale. Sicuro di sé, pronto a nulla concedere, tranquillo di far accettare la propria versione, il sorriso accattivante, Berlusconi usa i numeri come fuochi d’artificio per stupire, impressionare, sedurre e ipnotizzare: e che il 48% degli elettori, con un lievitare sottile lo sostenga ancora indica che il consenso di cui il fondatore di Forza Italia gode non è né effimero, né dovuto solo alle telecamere, come sostengono improvvisati osservatori del nostro Paese. Pacato, sereno, pronto a concedere e richiedere quel rispetto che Berlusconi mai gli concederà, Prodi si appella all’unità, lamenta la divisione come un male, parla di speranza, dichiara che senza rimboccarsi le maniche non si progredisce. Berlusconi assicura che tutto è ok, Prodi controbatte che senza cambiare il Paese declina. Diversi, opposti. Eppure ieri notte è stata fortissima l’emozione per la solennità del rito democratico, che tanta fatica e sangue costa dove manca e che con tanta protervia i qualunquisti deprecano da noi. La scelta del 9 aprile è dunque semplice, ora anche per gli indecisi: chi vuole lo status quo andrà con il rassicurante Silvio Berlusconi, chi vuol provare a cambiare voterà con Romano Prodi, fiero di definirsi a più riprese «serio» ma capace di citare «la felicità», come nella carta che ha fondato l’America. Alla sua quarta campagna politica nazionale, due vinte, una perduta e questa ingaggiata contro Prodi, Berlusconi si conferma artefice di una grande operazione politica, che coinvolge soggetti sociali antichi e moderni. Chi s’è illuso di mandarlo in Sardegna per via giudiziaria apprezza adesso che l’unica strada del mutamento è la faticosa, cocciuta, umile e tenace conquista di ogni voto, uno per uno, giorno per giorno, senza scambiare i cittadini che hanno votato Forza Italia per gangster depravati ma conquistando il loro consenso. E’la strada scelta da Romano Prodi ieri, domanda dopo domanda: togliere al rivale l’arma vincente nel ‘94 e ‘01, "cambiate con me!", costringendo il premier nell’angolo di chi difende l’esistente. Con Berlusconi lanciato a tutto campo, tutti coloro che, dietro le quinte della sinistra, hanno dismesso Prodi come leader «vecchio» si saranno resi conto ieri notte di quanto duro sia battere l’acrobata Berlusconi, da qui al 9 aprile. Un compito che, oggi, può essere assolto solo dal maratoneta emiliano.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …