Gianni Riotta: Viva Taxi driver

05 Luglio 2006
Viva i tassisti! I tassisti, amici, colleghi, segretari volanti, consiglieri di buonsenso, psicologi a quattro ruote, esperti di ogni paese e storia. Il tassista che mi portò sotto la neve dal Village ad Harlem mi cancellò la tariffa perché studente fuorisede e mi offrì un lavoro ‟un paio di domeniche per arrotondare”. Il tassista di Atlanta, Georgia, che arrivò dal nulla nella notte sottraendomi alle attenzioni non affettuose di una gang. Il tassista di Trinidad che rifiutò di portarmi oltre la giungla durante il golpe islamico del 1990 ‟pericoloso” e, vedendomi avviare a piedi, fece marcia indietro e mi prese su, rifiutando la mancia, ‟Tu sei un pazzo, fratello, Dio protegge i pazzi”. Il tassista ex ministro dei Lavori pubblici in Romania, tassisti leghisti e comunisti, il tassista che mi aspetta fuori dal cimitero.
Viva i tassisti! E viva il decreto del governo Prodi e del ministro Bersani con cui sono cominciate le liberalizzazioni, dall’aspirina strappata alla lobby dei farmacisti (amici farmacisti, ma non riuscite a eleggere un presidente più simpatico? Quello che vi rappresenta sembra sempre stia per somministrarci un purgante), ai taxi, alle assicurazioni. Dopo settimane di chiacchiere, il governo fa quel che si deve, apre la finestra all’aria buona della concorrenza, dell’innovazione, del progresso.
Titanic aveva scritto che il centrosinistra avrebbe liberalizzato più del centrodestra: non per partito preso,ma perché cinque anni di maggioranza assoluta non hanno mai persuaso Silvio Berlusconi a fare quello per cui milioni di elettori gli avevano dato fiducia. Togliere il freno a mano delle corporazioni e delle lobby e provare a correre nell’economia globale. Adesso la destra si spacca, tra chi cavalca la protesta e chi dice, con rammarico, ‟avremmo dovuto fare noi il pacchetto di libertà per il mercato”.
Fa sorridere vedere apostoli del liberismo, battezzati da Adam Smith ma finiti a votare leggi ad personam, schierarsi contro il decreto Bersani ed è bello vedere Antonio Martino, gentleman siciliano educato a Chicago, dove il liberismo è vivo, dire ‟forse voterò le norme”. Imiei amici tassisti occupano piazze, disertano aeroporti, rallentano il traffico. I loro leader sognano di fare come Vilarin, il boss del sindacato camionisti che mise nel 1972 in ginocchio il presidente cileno Allende, al grido Lucharemos hasta el fin, con Vilarin. Sbagliano. Sbagliano, e vorrei dire loro, e glielo dirò certo nelle nostre innumerevoli conversazioni, che, se si sentono imprenditori, questo è il momento di capire che il loro patrimonio non è il ‟medaglione ‟, la licenza che gelosamente negano agli altri.
Sono il rapporto con il cliente, le tariffe ragionevoli, il servizio ben fatto. Non temano il mercato, non temano la concorrenza, sono in gamba, ce la faranno. Nessuno morirà di aspirina, di più taxi o di notai meno esosi. Tutti vivremo meglio. E per favore niente esagerazione nelle proteste. I teppisti che hanno sfondato il Mc Donald’s a Milano sono ancora dentro, attenti a non usare due pesi e due misure. La destra è divisa tra chi sogna la rivincita e chi vorrebbe tornare a far politica. Il tempo delle riforme è breve, uno, due anni, poi tornano le paure elettorali.
L’agenda del nostro Giavazzi, università, professioni, grandi monopoli, pensioni, è da condividere. Ognuno può pagare un prezzo e guadagnare nella comunità. L’egoismo di parte danneggia tutti, e lo dico anche pensando alle cadute corporative della mia categoria, i giornalisti. Chiudersi uccide, fidatevi, amici tassisti, come io mi son fidato tante volte di voi, senza mai pentimenti.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …