Il passato incompiuto in Corrono voci. Uno scritto di Michel Dingenouts per www.feltrinelli.it

12 Settembre 2006
‟Ora che ha più di settanta anni, Hugo Claus vanta una produzione artistica incredibile ed è stato insignito di numerosi onori e premi, non solo nel suo paese natale, il Belgio, e nei Paesi Bassi, ma anche in altri paesi dell’Europa occidentale. Le sue opere teatrali –originali, traduzioni ed elaborazioni– lo collocano in una posizione rilevante nel mondo del teatro. Ha esplorato con successo altri generi quali il cinema, le arti visive e la critica dell’arte. Ma le opere per cui sarà ricordato sono in primis La sofferenza del Belgio, uno dei più grandi romanzi europei del dopoguerra, ed in secondo luogo il suo corpo poetico, che nelle sue Poesie 1984-2004 comprende oltre 1400 pagine*.”
A tessere le lodi dell’autore belga non è un collaboratore di una casa editrice, bensì il premio Nobel Coetzee in un saggio apparso di recente. Dopo una tale presentazione, non resta che aggiungere alcuni fatti sfuggiti alla sua attenzione, ovvero che Claus visse in Italia dal 1953 al 1955, che conobbe Antonioni (e più tardi negli Stati Uniti, Calvino) e che ha collaborato con Luigi Malerba e Alberto Lattuada. Ha inoltre tradotto in nederlandese, la lingua delle Fiandre e dei Paesi Bassi (e non il ‘fiammingo’ come recita erroneamente la seconda di copertina), testi di Natalia Ginzburg e Giorgio Gaber. Esempio tipico della sua poliedricità è la scrittura del libretto di Morituri (1968) per Bruno Maderna. Dunque per l’Italia Claus non è un emerito sconosciuto, è stato solo un po’ dimenticato, persino dopo il Premio Nonino per La sofferenza del Belgio (Feltrinelli 1999).
Il romanzo Corrono voci, che nei Paesi Bassi gli è valso il premio Libris, è costruito su una tragedia del passato e su un disastro imminente, come peraltro accade spesso nelle opere di Claus. Non per nulla Edipo Re è uno dei suoi miti di riferimento. L’etica dei personaggi clausiani è spesso dubbia, si ritrovano in conflitto con per una causa discutibile. E quando perdono la causa, come sempre avviene, vengono trattati come reietti. Uno di questi paria è il disertore René Catrijsse, tornato in patria dopo aver combattuto una guerra sporca nel Congo Belga. La corruzione e la complessa divisione tra civiltà e bestialità sono le tematiche che congiungono il passato col presente. Le atrocità compiute nella ormai ex-colonia, inseguono il figliol prodigo come ombre oscure durante il vagabondaggio nel suo paese natale delle Fiandre degli anni sessanta, dove si susseguono numerosi incidenti fatali. Il passato insegue anche il padre di René, in quanto collaborazionista nel corso della seconda guerra mondiale. È l’ennesima figura di morale dubbia nelle opere di Claus, come lo era il padre di Louis Seynave in La sofferenza del Belgio. Quest’ultimo deve lasciare il paesino in cui vive, prima per sfuggire ai tedeschi, perché flamingant, e poi per sottrarsi agli alleati, essendosi compromesso per aver concluso affari con il nemico. Il fatto che anche questa storia si sviluppi in un paesino delle campagne fiamminghe è tipico di Claus, che rappresenta il mondo come un villaggio in cui tutti i mali si incontrano e si scontrano.
Difficile per il lettore italiano risulta nell’opera la comprensione della dimensione coloniale e collaborazionista. Nel primo caso si tratta di una decisione politica molto sofferta del governo belga, che nel 1960 si trovò a rendere l’indipendenza alla colonia africana molto prima di quanto pianificato, essendo l’autonomia prevista per il 1985. Invece, in seguito a varie ribellioni, l’esercito belga insieme a quello delle Nazione Unite, fu costretto ad intervenire per mantenere l’unità nazionale del Congo. Su tale fondamento storico Claus intreccia le gesta terrificanti di René soldato e disertore.
Durante la seconda guerra mondiale invece furono i cosiddetti flamingant a collaborare coi nazisti per motivi ideologici separatisti. La lotta per i pari diritti della lingua e della cultura delle Fiandre, da secoli sottomesse a quelle francofoni, portò alcuni esponenti di punta ad una stretta collaborazione con la forza occupante. Questione che non solo aumentò il numero dei giustiziati nell’immediato dopoguerra, ma danneggiò anche il movimento fiammingo. Per decenni il blasone del movimento fu intaccato dalla collaborazione fascista. Sotto l’apparente ordine virtuoso che regna nel paesino fiammingo di Corrono voci, fermentano ricordi e ideologie.
Benché le tematiche inquietanti descritte da Claus siano radicate nella situazione politica belga del secolo scorso, Claus riesce con perizia ad elevare tale tematica al di sopra delle campagne fiamminghe e porla su un livello pressoché mitico.
Ora che il lettore italiano ha avuto modo di esplorare il cosmo fiammingo, sarà impaziente di approfondire la conoscenza dell’autore, magari attraverso un terzo romanzo di Claus: l’imponente Passato incompiuto, pubblicato in nederlandese come seconda parte del dittico con Corrono voci. Questo è un altro capolavoro del Mago di Gand, che andrebbe tradotto al più presto per non perdere più di vista il fiammingo in questione, Hugo Claus. Anche lui da anni candidato al premio Nobel.

Milano, 2-9-2006 Michel Dingenouts

*Traduzione propria da: J. M. Coetzee in De Standaard, 3-3-2006. (Pubblicato successivamente in Greetings, Selected poems, Harcourt 2006)

Corrono voci di Hugo Claus

Il romanzo è ambientato a metà degli anni sessanta. Réné, un uomo di una ventina d’anni che ha combattuto nel Congo belga prima di disertare l’esercito, ritorna nel suo villaggio natale nelle Fiandre occidentali, Alegem. Sul suo corpo e nella sua psiche sono impressi i segni di un passato violento …