Marco D'Eramo: Gambia. Il prodigio del presidente

24 Maggio 2007
Nel mondo c'è almeno un leader politico così carismatico da poter guarire asma e aids. È il 42-enne Yahya Jammeh, presidente dello staterello del Gambia (vedi scheda), che a gennaio annunciò questa lieta novella a un ricevimento di diplomatici stranieri. Disse di aver ricevuto un ‟mandato”, trasmessogli dal padre, di guarire l'aids (il giovedì) e l'asma (il sabato). Da allora il presidente, comandante delle forze armate, ministro della difesa e custode della sacra costituzione del Gambia ha dedicato tutto se stesso alla cura degli infermi. Fuori dalla residenza presidenziale, la Statehouse, una lunga fila attende per ore di essere ricevuta. Secondo un servizio di al Jazeera, il trattamento di Jammeh consiste in ‟una mistura segreta di unguenti, erbe, banane, noccioline e preghiera”: torna in mente quell'eroe voltairiano che si vantava di eliminare infallibilmente i suoi nemici con ‟una sapiente mistura di sortilegi, preghiere e arsenico”. Prima di ricevere il trattamento presidenziale per hiv/aids, i pazienti devono impegnarsi a non prendere farmaci convenzionali retrovirali. Prima Jammeh fa domande su dolori di stomaco e abitudini intestinali, poi strofina un liquido grigio sul paziente: ogni passo è ripreso dalla tv di stato e trasmesso in tutto il Gambia.
‟Libero il corpo umano dal virus, ecco quel che faccio”, dice il presidente: ‟Sento un grande onere, un gran senso di responsabilità... C'è gente che sta davvero male. Sapere che io sono la loro unica speranza è un gran peso, morale, spirituale e psicologico”. In Gambia sono 20.000 i sieropositivi all'hiv.
Jammeh rifiuta di svelare il segreto della ricetta: ‟Africani, asiatici, alieni venuti dallo spazio, non la darò a nessuno. La Coca-Cola mica la dà la sua ricetta, né agli americani né ai non americani”. Logica inoppugnabile.
Tutto il governo è chiamato a collaborare. Il ministro della salute del Gambia, dottor Tamsir Mbowe, dice: ‟Lavoriamo con i malati d'asma e con gli infetti da hiv e aids sino alle tre, alle quattro del mattino. È normale per noi, abbiamo energia, abilità, capacità e forza per gestire questi pazienti. Con l'andar del tempo ne curiamo migliaia”. Uno dei pazienti (un docente universitario) ha dichiarato alla Bbc di aver riacquistato peso nei dieci giorni successivi al trattamento (anche se nulla può avere effetto sul virus hiv così in fretta).
Fin qui i ‟fatti”, che però possono essere letti a strati, come una cipolla. Il primo strato è quello della confusione in cui una tragedia di massa può gettare le menti di coloro che colpisce. L'anno scorso il ministro della sanità sudafricano fu criticato duramente per aver proposto ai sieropositivi una terapia basata su una dieta di aglio e barbabietole.
Un secondo strato rimanda a quel capolavoro della storiografia europea che è I re taumaturghi (Einaudi) dello storico francese Marc Bloch. Dal Medioevo in poi i popoli europei credettero al potere guaritore dei propri sovrani. In Francia le cronache riportano il ‟prodigio consuetudinario” di re Luigi VI (1108-1137): ‟Ho veduto con i miei occhi malati sofferenti di scrofole nel collo o in altre parti del corpo, accorrere in gran folla per farsi toccare da lui”, scrive l'abate Gilberto. Per secoli le moltitudini francesi e inglesi avrebbero creduto al potere dei re di guarire la scrofola con un semplice tocco. Solo le rivoluzioni avrebbero spazzato via queste credenze. Appena tre anni prima della ‟gloriosa rivoluzione” (1688) re Giacomo II d'Inghilterra ‟toccò” 4422 pazienti da marzo a dicembre 1685. E a Parigi solo la Rivoluzione del 1789 tolse ai sovrani questa prerogativa soprannaturale: vi sono ancora nel 1775 ‟certificati” che attestano il caso di quattro ragazzi guariti col semplice tocco da Luigi XVI.
Jammeh costituirebbe quindi una sorta di remake, rivisitato e corretto, dei re taumaturghi. Questa componente è presente, ma non è l'unica, altrimenti si resterebbe nella solita prospettiva razzista (con discrezione) secondo cui gli africani vivrebbero oggi le esperienze medievali europee e quindi i neri sarebbero, sempre e ancora, il passato dell'uomo bianco. Vi è perciò un terzo strato che può essere chiarito grazie all'interessante ricerca dell'antropologo Peter Geschiere pubblicata in francese (Sorcellerie et politique en Afrique) e in inglese (The Modernity of Witchcraft) in cui mostra che abbiamo un'idea sbagliata della stregoneria, un'idea per così dire rurale, arretrata, in fondo alla savana. Mentre invece essa appare nel cuore delle metropoli, negli strati alti della borghesia, nei centri della politica, alla punta della modernità. Geschiere fa esempi di deputati, prefetti, partite di calcio, e mostra che in Africa la magia ha la stessa funzione che ricoprono le Pr (Public Relations) nella politica occidentale. Io stesso mi sono sentito dire ‟Non si vince un'elezione senza un buon stregone dalla propria parte”. E Jammeh ha dichiarato: ‟Io non sono uno stregone dottore... o sei uno stregone o sei un dottore”. Questa componente del fenomeno ci avvicina già di più al presente italiano: basta pensare alla cura Di Bella contro i tumori. Per non parlare della pranoterapia e imposizione delle mani.
Ma vi è un quarto e ultimo strato della cipolla, e lo scopriamo quando veniamo a sapere qual è il sogno economico e politico di Jammeh: vuole che il Gambia diventi ‟la Hong-Kong d'Africa”, un paradiso di libero mercato e libera impresa. Insomma Jammeh è un liberista estremo. Nella sua persona vediamo che i dettami monetaristi dei Chicago boys possono benissimo declinarsi insieme al potere taumaturgico di un sovrano. Assistiamo qui all'ennesima riprova che il capitalismo avanzato convive a meraviglia con magie, stregonerie, fondamentalismi, irrazionalismi e che questo modo di produzione può con tutta tranquillità fare a meno dell'ideologia cui pareva indissolubilmente legato, il razionalismo borghese. Non è, come pensava Koselleck, la ‟non contemporaneità del contemporaneo”: è la compatibilità tra capitalismo e ideologie pre-borghesi che solo di rado si presenta in forme estreme come il potere guaritore del leader supremo del Gambia, ma che sempre più spesso interviene nel nostro viver quotidiano e persino nel nostro pensare..

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …