Carlo Feltrinelli: Che cosa vuol dire oggi fare libri di sinistra

04 Ottobre 2002
"È tutta questione di chimica editoriale", dice Carlo Feltrinelli mentre fa su e giù nella grande mansarda di via Andegari, il cielo che filtra dalle finestre alte sul tetto. Per il marchio di famiglia soffia una brezza favorevole. Prima Carlo Ginzburg, poi Giorgio Bocca, ora Dario Fo e il cardinal Martini, in futuro - chissà - forse anche Nanni Moretti. Il catalogo annovera di continuo nuove firme, alcune transfughe - sarà un caso? - da proprietà di Silvio Berlusconi. La casa editrice va sempre più connotandosi come marchio di sinistra: nell´approccio critico al globalismo, nelle pulsioni pacifiste, nella lettura storica dei crimini del capitalismo d´età coloniale. E intanto - dopo l´acquisizione delle catene Ricordi e Rizzoli - le librerie (o, meglio, i punti vendita) toccano quota novantasette, ormai più influenti ed estese perfino delle potentissime Paoline. "È l´alchimia complessiva che funziona", continua a ripetere Carlo, l´artefice di questa nuova stagione felice, ora in partenza per Francoforte dove il 9 ottobre comincia la Buchmesse. Negli occhi ha la stessa luce del padre Giangiacomo, malinconica e frenetica.
Dopo Carlo Ginzburg, anche Dario Fo vi preferisce all´Einaudi per pubblicare le sue memorie giovanili. Che succede: siete diventati "l´alternativa di sinistra" alla Mondadori?
"No, non mi interessa entrare in questa querelle. Non è nella mia linea occupare uno spazio soltanto perché c´è. Siamo particolarmente soddisfatti di pubblicare il romanzo autobiografico di Dario Fo, Il paese dei mezarát, così come ci stanno a cuore la riflessione di Remo Bodei sulla nostra identità di uomini e donne contemporanei, o l´istant book sul caso Enron, ed anche il manifesto dei diritti omosessuali di Mario Mieli o il libro nero del capitalismo firmato da Mike Davis. Sono saggi che hanno una loro necessità, dettati dall´urgenza del tempo".
La bussola che vi orienta sembra il pensiero di sinistra politicamente corretto.
"No, "politicamente corretto" spero proprio di no".
Perché?
"Mi sento un editore libero: da schematismi e luoghi comuni".
Editore di sinistra, senza "politicamente corretto".
"Sì, così va meglio. I nostri libri parlano per noi. Esprimono una precisa posizione su varie questioni. La globalizzazione. La guerra. La rivoluzione tecnologica. Il caso italiano. Il tentativo è quello di sollecitare domande e suggerire risposte. C´è però un problema".
Quale?
"Che i primi a non crederci - a questa nuova identità di sinistra - sono proprio i politici della gauche".
La ricerca delle case editrici procede ormai separata rispetto ai laboratori dei partiti. Alfredo Salsano, direttore editoriale di Bollati Boringhieri, lamenta una sorta di solitudine dell´editore di sinistra.
"Sì, è giusto. Il fatto è che l´elaborazione teorica e culturale non è più nelle corde e nelle possibilità dei partiti tradizionali. E spetta ad altri intercettare nervosamente le grandi questioni: senza cedere alle lusinghe di quella che Domenico Starnone chiama la "sinistra patetica"".
Ossia?
"La sinistra ossessionata dai propri fantasmi, compiaciuta e conservatrice, pronta ad autoriprodursi senza nessuna novità".
Ossessionata anche da Berlusconi?
"Siamo noi a pubblicare Il piccolo Cesare, il libro di Bocca assai poco tenero. Ma io personalmente non sono ossessionato dal premier: la Feltrinelli è sopravvissuta a tante cose, sopravvivrà anche a Silvio Berlusconi".
Per la prima volta, con Carlo Maria Martini, pubblicate un cardinale.
"Sì, è la prima volta. Ma non enfatizzerei sull´accostamento tra "l´editore rosso" e l´uomo di Chiesa, manco fossimo negli anni Cinquanta. Mi sembra del tutto naturale l´incontro tra una tradizione laica come la nostra e la riflessione religiosa dell´ex arcivescovo di Milano".
Includerebbe nel catalogo un autore postfascista?
"Perché no, non esistono esclusioni pregiudiziali. Sono anni che aspettiamo segnali di qualche peso da questa fatidica cultura di destra. Finora non sono arrivati".
Di sinistra. Ma anche monopolista. Da una parte, una precisa identità politica e culturale. Dall´altra, la proprietà di una catena libraria che non ha rivali in Italia. Molti librai indipendenti lamentano una concorrenza impari.
"Sì, qualche lamentela c´è stata. Ma il problema è che il mercato si razionalizza, la tendenza favorisce le concentrazioni, e francamente credo che il marchio abbia mantenuto un discreto stile. Passare per affossatore di libertà mi sembra grottesco".
Nella guerra degli sconti però siete imbattibili.
"No, non è così. Peraltro esiste una legge che regola il prezzo dei libri. Quel che va rimarcato è che in questi anni abbiamo modificato il concetto stesso di libreria, puntando su ampi spazi innovativi e dinamici, dove i libri si mescolano alla musica, ai video, al caffè, e a iniziative spettacolari, come il concerto di David Bowie che stiamo preparando a Milano per domenica prossima".
Un´idea, in realtà, ereditata da suo padre. Fu Giangiacomo, negli anni Sessanta, a introdurre in libreria flipper e juke box. In via del Babuino si esibì niente meno che Joan Baez.
"Sì, proprio così. Storicamente le nostre non sono mai state librerie tradizionali, anche se i grandi mutamenti sono intervenuti negli anni Ottanta, quando mio padre non c´era più da tempo. Ora siamo ancora in un´ulteriore fase di innovazione: cinque nuovi megastore saranno aperti a Milano, Roma, Torino e in altre città, mentre rafforziamo la nostra presenza nei grandi centri commerciali".
È grazie alle librerie che vi potete permettere scelte editoriali più azzardate?
"No, non confonderei le due cose, librerie e casa editrice, che peraltro hanno gestioni finanziarie autonome. I bilanci della casa editrice bastano da soli a far quadrare i conti. Ad esser sincero, poi, nella nostra programmazione editoriale non vedo scelte azzardate".
E l´autobiografia di Bob Dylan in cinque tomi? Roba da stroncare anche il più appassionato dei dylanologi...
"Il giorno che gli daranno il Nobel, smetteranno di prendermi in giro...".
In che cosa si sente più vicino a suo padre Giangiacomo?
"Per quanto tempo ancora dovrò rispondere a questo genere di domande? Vorrei che lo dicessero altri. La mia bussola è il catalogo, l´impronta più forte lasciata da Giangiacomo. Se interrogati, i libri parlano. E credo possano confermare questa continuità".
Alberto Arbasino ha scritto che una caratteristica del nostro tempo è data da una generazione di figli sempre più afflitti dalla "funesta ombra buia della Home" (parole di Auden), mentre i genitori del passato non si sentivano figli per tutta la vita.
"Non sono autorizzato a parlare in nome d´una generazione, dunque parlo di me. Sono felice di essere nato nella mia famiglia, ma francamente non mi sembra un "tema". Il rischio è di cadere in inutili psicologismi o in patetismi irritanti. Sicuramente è stato anche complicato crescere con il mio cognome, ma non ho mai subito questa mia condizione in termini schiaccianti. Credo che il destino uno se lo costruisca da solo".
Ma lei ha sentito il bisogno di scrivere un libro su suo padre.
"Sentivo il bisogno di mettere un po´ d´ordine in una storia non chiara. E poi - lo dico senza particolare recriminazione - la sua figura era stata totalmente rimossa, nonostante Giangiacomo Feltrinelli abbia fatto cose enormi: sia per la cultura che per la sinistra di questo paese. Ma siccome è sempre stato un personaggio complesso, difficile da decodificare, s´è preferito liquidarlo".
Lei ha sempre sostenuto di aver scritto la storia di suo padre anche "per poter passare ad altro". C´è riuscito?
"Sì, mi sto occupando d´altro. Il mio compito è dare un futuro a un´istituzione che ha quasi cinquant´anni. I do my best".

Carlo Feltrinelli

Carlo Feltrinelli è nato nel 1962. Vive e lavora a Milano. È autore di Senior Service, biografia del padre Giangiacomo, pubblicato per la prima volta da Feltrinelli nel 1999. Il …