Paolo Andruccioli: La corsa all'Est

23 Aprile 2004
Cambia l'aria tra gli imprenditori. Anche nei sondaggi. Oggi il Sole 24ore pubblica una ricerca curata dalla Fondazione Nord Est sull'Italia delle imprese. Siamo al quarto rapporto della serie e spiccano dal sondaggio le caretteristiche del nuovo sentiment, come lo chiamano gli addetti ai lavori. Il governo Berlusconi delude le aspettative e per la prima volta dal 2002 la fiducia accordata all'esecutivo da parte delle imprese scende sotto la soglia simbolica del 50%. La Fondazione Nord Est ha chiesto agli imprenditori di compilare una vera e propria pagella da cui il governo esce mal messo: solo per tre delle dieci materie esaminate e messe ai voti, l'esecutivo della Casa delle libertà raggiunge una scarsa sufficienza. Per tutte le altre materie - tra cui ce ne sono di pesanti come il fisco, le infrastrutture, il decentramento - il governo non arriva neppure alla sufficienza. Perfino il genio Tremonti, con le sue manovre fiscali e finanziarie, viene rimandato a settembre. Ancora più chiaro l'atteggiamento delle imprese nei confronti della «squadra» nazionale. Persa la stampella della svalutazione della lira e dovendosi misurare ogni giorno nel mare aperto della globalizzazione, gli imprenditori - a sorpresa - non scaricano tutte le colpe su altri o altrove. La crisi non è causata dall'euro, né bisogna demonizzare l'Europa, che anzi, pragmaticamente, viene vista come una grande opportunità, anzi l'opportunità economica principale del momento.
«Nel corso del biennio 2002-2003 - scrive Daniele Marini, il curatore del rapporto - le esportazioni dell'Italia verso i paesi dell'Europa nord orientale sono aumentati dell'8,9%, quelle verso l'Europa sud orientale del 10,2%; verso la Russia e i paesi Csi dell'8,9%». Si tratta di movimenti d'export consistenti che superano gli 8 miliardi di euro, con una crescita superiore al 9%. Queste esportazioni verso l'oriente rappresentano già il 13% dell'intero export nazionale. Conclusione politica ed economica: «L'Italia delle imprese - lo dice ancora Marini - ha voglia di Europa, ha necessità di essere in Europa. Meglio ancora se allargata». Attribuire all'Europa la causa di tutte le difficoltà è un'operazione sbagliata e fuorviante.
Le imprese hanno fiducia nelle istituzioni europee e nel presidente della repubblica, Ciampi, ma hanno capito che se non si smuovono, non andranno da nessuna parte. Scommettono quindi sull'allargamento a 25 paesi e sulle loro capacità di fare impresa anche all'estero. Anche su questo punto si scoprono però delle sorprese dal rapporto, che merita di essere letto integralmente. Dalle risposte date alle domande sul costo del lavoro, gli immigrati, le delocalizzazioni, emerge infatti un punto di svolta: l'epoca della delocalizzazione per abbassare i costi è finita. Nel paesi dell'ex blocco sovietico ormai hanno imparato a fare quel che facevano fino a pochi anni fa le imprese italiane. Da altri paesi - il primo è ovviamente la Cina - arriva una concorrenza diretta alle imprese italiane nei settori più tradizionali (il tessile, le scarpe, i mobili, ecc.). La strada della nuova «internazionalizzazione» delle imprese nostrare passe quindi dalla capacità delle stesse di andare a vendere all'estero prodotti e servizi. «Il 66% delle imprese con più di 50 addetti - scrive Federico Ferraro - ha rapporti con l'estero, il 62% vende prodotti e servizi e bel il 50% si avvale di fornitori stranieri». Il 48% degli imprenditori interpellati dichiara di aver fatto tutto da se, non avendo trovato adeguati livelli di assistenza e supporto.
Nonostante tutti gli sforzi per conquistarsi una posizione nei nuovi mercati e per non farsi schiacciare dalla concorrenza, le imprese italiane perdono fiducia. L'hanno ormai persa nel governo, ma anche in altre istituzioni come la Borsa (che passa dall'11,7% al 9,9%). Il dato più secco: solo nel 2002 le attese di crescita per l'Italiaerano certe per 6 imprenditori su 10. Oggi a vedere un futuro roseo per il paese sono rimasti in 2. Su dieci, come è ovvio.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …