Paolo Andruccioli: Maroni fa fumo per non trattare

04 Maggio 2004
"E' lo stesso ministro che oggi ci dà lezioni di democrazia sindacale ad aver bloccato la legge sulla rappresentanza nel suo Libro bianco". Lo ricorda Paolo Nerozzi, segretario condederale della Cgil, secondo il quale c'è solo un modo per definire il comportamento del ministro del welfare: "Schizofrenico". Basterebbe andare a verificare quel che è successo nel pubblico impiego, dove le cose funzionano meglio perché si applica l'unica legge finora approvata sulla rappresentatività sindacale. "E se il ministro avesse voluto davvero arrivare a una legge generale sulla rappresentanza sindacale - dice ancora Nerozzi - un accordo separato come quello dei metalmeccanici non si sarebbe mai potuto verificare". "Siamo già alla terza elezione delle rsu nel pubblico impiego - spiega anche Gian Paolo Patta, segretario confederale Cgil - e se prendiamo l'esempio della scuola, tutti i discorsi del ministro Maroni vengono smentiti". L'ultima tornata elettorale nella scuola viene infatti portata sempre ad esempio concreto dai sindacalisti confederali e in particolare da quelli della Cgil. Hanno infatti votato per eleggere i loro rappresentanti 850 mila lavoratori, su un totale di un milione e 60 mila. E il sindacato confederale ha riscosso un notevole successo. In realtà è facile scoprire il bluff di Maroni, perché da una parte il ministro si riufiuta di trattare, dall'altra cerca maldestramente di scaricare tutte le colpe sui sindacati, dividendo i vari fronti di lotta, in questo caso Melfi e l'Alitalia, anche se ci sono altri precedenti illuminanti della tattica del responsabile del welfare. "Basta pensare alla riforma delle pensioni - ricorda sempre Patta - dopo due scioperi generali, due manifestazioni nazionali e tante manifestazioni locali, il ministro non ha mai aperto una vera trattativa con i sindacati".
Nel sindacato c'è chi riconosce comunque l'urgenza di risolvere questi problemi, soprattutto quelli che riguardano la democrazia nei luoghi di lavoro e il consenso dei diretti interessati ai contratti che si firmano. Lo afferma per esempio Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale della Fiom. Per Cremaschi bisogna mettere in pratica il sistema del referendum dei lavoratori per votare gli accordi, mettere in atto forme di "democrazia pura", ma è anche chiaro che in questi casi concreati (Melfi e l'Alitalia) il governo Berlusconi sta cercando di strumentalizzare antichi problemi per avere un sindacato "servo e lavoratori divisi, disillusi e rabbiosi".
Molto critici con le ultime uscite del ministro Maroni, che ieri però ha cercato di aggiustare un po' il tiro (non mi riferivo alle frange estremiste fuori dal sindacato, ha detto), anche i dirigenti della Cisl e della Uil. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, Maroni non dovrebbe neppure interessarsi del problema della rappresentatività. Per Raffaele Bonanni, segretario confederale della Cisl, non si capisce invece bene "qual è il vero messaggio che Maroni sta lanciando". Per il sindacalista della Cisl, Maroni in realtà mostra di gradire la divisione e lo spezzettamento sindacale. "Quando dicono che vogliono trattare, convocano tutte le sigle sindacali per creare un tavolo alla fine ingestibile; in realtà non hanno nulla da mettere in ballo, come è evidente per l'Alitalia".
Anche dal mondo extraconfederale arrivano più bordate che apprezzamenti. Anche se l'ex leader dei Cobas dei macchinisti, Gallori, chiede la fine del monopolio degli "arroganti confederali", altri leader scoprono il gioco del ministro. Piergiorgio Tiboni, capo della Cub, dice che "Maroni coglie il problema, ma da una risposta sbagliata". Non si può comunque affidare proprio a chi nega il sindacalismo di base la possibilità di gestire la questione della rappresentatività. "Maroni fa solo propaganda elettorale - dice Piero Bernocchi, leader dei Cobas scuola - se davvero volesse intervenire, dovrebbe dare il diritto di assemblea e di elezione anche ai Cobas. Altrimenti sono solo chiacchiere". E il ministro ieri ha replicato in qualche modo: non si riferiva ai Cobas, quando parlava di esclusi dalle relazioni sindacali, ma del sindacato a un certo livello, magari quello locale. Una frase che ha aumentato il fumo.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …