Paolo Andruccioli: Ecco come spendiamo i soldi

03 Giugno 2004
Nel gorgo delle privatizzazioni rispunta la voglia di pubblico. La campagna Sbilanciamoci! compie un passo in più nel suo lavoro di ripensamento del welfare e in generale delle scelte di finanza pubblica (da qualche anno viene presentata la "controfinanziaria"). Con il rapporto presentato ieri si mettono infatti a confronto due tipi di scenari di economie pubbliche, quello relativo alla posizione che il nostro paese ricopre in Europa nella classifica delle cosiddette spese sociali e quello relativo alle enormi differenze che si ricostrano tra i vari sistemi di welfare regionali e locali. Un'analisi utile per capire meglio sia le future scelte di policy pubblica, sia i rischi del processo federalista. Il rapporto è la dimostrazione ulteriore che l'Italia non spende affatto troppo per la sua spesa pubblica, come accusa il disco incantato del neoliberismo. Basti pensare che nel 2000 la spesa per l'istruzione era pari al 4,5% del Pil, quella per la sanità al 6% e quella per le spese militari al 2%. Già il confronto relativo a quell'anno mostra un paese tendenzialmente più interessato a rilanciare la spesa "bellica" (che infatti risulta in crescita) piuttosto che investire nel futuro dei suoi giovani. In Svezia e in Danimarca per l'istruzione pubblica si spendeva il 7,8% e l'8%. Anche in Polonia, Slovacchia e Ungheria, nonostante gli effetti del terremoto sociale e politico degli anni novanta, nel 2000 si spendeva per l'istruzione pubblica più che in Italia (sopra il 5%). La spesa sanitaria italiana risulta invece in media rispetto agli altri paesi europei, anche se la Germania spede l'8%, la Svezia il 6,5%. Se si guarda fuori dall'Europa si scopre che in Canada la spesa per la sanità pubblica è comunque più alta di quella italiana (6,6%).
Non è però tanto questa la novità del rapporto. Che l'Italia sia diventata tirchia nel campo della spesa pubblica è una cosa nota. Più interessante è invece andare a studiare gli effetti del processo di privatizzazione e in particolare l'equilibrio esistente tra spesa privata e spesa pubblica sempre in campo sanitario. Il paese che spende di più di sanità privata sono gli Stati uniti (7,3% del Pil). Il rapporto segnala un vero e proprio paradosso perché laddove si spende di più per la sanità privata (4.499 dollari pro capite tra pubblico e privato contro i 2.028 dell'Italia), si ha anche meno garanzie di essere effettivamente curati. Dai confronti internazionali risulta dunque che il sistema sanitario nazionale italiano, pur essendo "universalistico", non costa più dei sistemi privati, né di quelli pubblici dei cugini europei.
Per quanto riguarda la spesa per la Ricerca e sviluppo anche il rapporto di Sbilanciamoci conferma quello che ormai è noto anche ai rappresentanti del governo: l'Italia è il fanalino di coda a livello internazionale, visto che solo tra il 1996 e il 2000 ha speso in media l'1% del Pil, come la Croazia. La Svezia era allora al 3,8%, gli Usa al 2,7%, la Francia al 2,3%, la Germania al 2,5%. Sulle pensioni ce la caviamo invece abbastanza bene, nel senso che la spesa italiana è ai primi posti in Europa. Tra il 1991 e il 2000 la spesa Ue per le pensioni è cresciuta di mezzo punto, dal 12% al 12,5%. L'Italia risulta il paese che spende di più con il 14,7%, ma è un dato falsato dal tipo di contabilità che si applica. Negli altri paesi, per esempio, non viene calcolata la spesa per assistenza sociale, o comunque il dato sulla previdenza viene isolato dagli altri dati. In Italia in quel dato vengono contabilizzate anche spese che non hanno nulla a che vedere con la previdenza vera e propria. I dati Eurostat fotografano d'altra parte un'Italia che spende molto meno degli altri per la protezione sociale.
Molto interessante nel rapporto la parte che riguarda il confronto tra i livelli di spesa pubblica pro-capite nelle diverse regioni italiane; per la precisione si tratta dei dati della spesa per consumi finali della pubblica amministrazione, ovvero quella parte della spesa pubblica che si riferisce esclusivamente alla produzione di servizi destinati ai cittadini. La regione che spende di più rispetto al Pil è il Trentino Alto Adige (20%), che è anche la regione che dedica più risorse all'istruzione e alla sanità pubblica.
La classifica elaborata nel rapporto conferma dunque le tante differenze tra nord e sud, ma conferma anche un dato politico più generale. "Una buona dotazione di risorse pubbliche - si legge nel rapporto - è fondamentale per garantire livelli adeguati di sviluppo umano, qualità sociale e protezione dell'ambiente: è il caso palese di Trentino Alto Adige, Liguria, Valle d'Aosta, ma anche di Sardegna e Umbria. Al contrario svetta l'esempio negativo della Lombardia dove è più avanzato il processo di privatizzazione, in particolare della sanità e della scuola.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …