Paolo Andruccioli: Assicurarsi l'etica

21 Giugno 2004
Associare il termine etica alla finanza è un'operazione densa di pericoli. Le tante esperienze di finanza etica, dalle ‟Mag” all'ormai lanciata ‟Banca etica” ci stanno comunque obbligando a leggere i fenomeni in modo diverso. Associare però etica al termine assicurazione diventa quasi una provocazione, sia dal punto di vista intellettuale, sia dal punto di vista del mercato. È proprio quello che sta cercando di fare il ‟Caes”, ‟consorzio assicurativo Etico Solidale” (www.consorziocaes.org) che per ora si occupa di mutualità, di relazioni trasparenti e premi equi nei contratti assicurativi e di normative "sostenibili", ma tra qualche tempo darà vita alla prima vera compagnia di assicurazione etica in Italia. Ne abbiamo parlato con il presidente, Gianni Fortunati.

Come vi è venuto in mente di fondare un'assicurazione etica?
La nostra esperienza trae origine da una cooperativa assicurativa etico solidale, nata all'inizio degli anni `90. Era un gruppo di idealisti e sognatori che pensavano di dare il loro contributo tecnico nel grande mondo del no profit. Poi la riflessione e le esperienze si sono affinate e ci siamo concentrati su ciò che c'è di sbagliato nei metodi tradizionali della finanza e delle assicurazioni. Siamo diventati esperti di costruzione di normative e tecniche assicurative diverse per cercare di superare le tante iniquità. I nostri servizi sono sempre mirati al mondo del no profit, lavoriamo per le cooperative sociali e le associazioni, ma ora stiamo lavorando molto anche sui prodotti innovativi.

Ma voi oggi siete già in grado di stipulare contratti assicurativi etici? E in quale ramo lavorate?
Per ora noi siamo un consorzio che si avvale di compagnie di assicurazione per offrire i prodotti. Stiamo però per fondare - sempre nell'ambito tracciato dalla finanza etica italiana - una nostra compagnia di assicurazione. Gli studi di fattibilità sono già molto avanzati. Per ora forniamo contratti ai nostri affiliati. Abbiamo già circa 4500 clienti, mentre i contratti sono molti di più perché un cliente firma con noi più di un contratto. Per quanto riguarda gli ambiti di intervento, ci occupiamo di quasi tutti gli aspetti assicurativi. I nostri prodotti spaziano infatti dalla responsabilità civile della cooperazione sociale e associativa, alla responsabilità civili aziendale: abbiamo prodotti specifici per la famiglia, i volontari, la bottega del mondo, la banca del tempo, l'abitazione, gli infortuni, ma abbiamo anche polizze per Rc auto, incendio furto, elettronica, responsabilità civile, agenzie di viaggio e via dicendo. Ma soprattutto abbiamo cambiato radicalmente il modo di fare assicurazione.

Puoi farci un esempio delle novità che avete introdotto? E magari puoi dire ai nostri lettori come funziona il consorzio?
La nostra analisi è partita dall'esistente. Prima di creare qualche cosa di nuovo, ci siamo detti negli anni scorsi, cerchiamo di capire a fondo quale sono le cose che non vanno delle assicurazioni tradizionali, quali sono i punti di sofferenza e di maggiore iniquità. Solo da questa analisi potrà nascere il modello di quella che noi riteniamo la compagnia di assicurazioni ideale.

E quali sono le prime scoperte della vostra analisi?
Il primo punto che salta agli occhi è il ruolo degli "agenti" e dei produttori nelle mondo assicurativo tradizionale. Ogni compagnia affida a produttori sparsi per il territorio la stipula dei contratti e il rapporto con il cliente sulla base del metodo delle provviggioni. Scatta così un meccanismo perverso perché tutti ci devono guadagnare, ma spesso a scapito dei cittadini assicurati. Il produttore produrrà il contratto, ma non è detto che poi dia i consigli migliori e che sappia seguire il cliente. Noi abbiamo deciso di abolire i produttori esterni e ci basiamo solo sul lavoro qualificato dei nostri dipendenti diretti. Per ora la struttura è piccola perché abbiamo solo 11 dipendenti, ma il livello professionale è davvero molto alto. Ognuna di queste persone, compreso me stesso, ha fatto precedentemente una esperienza di anni nel mondo assicurativo ricoprendo quasi sempre incarichi dirigenziali. Con noi, certo, non si guadagna come nella finanza e nel mondo assicurativo tradizionale. Molti di quelli che oggi fanno parte del consorzio, per venire con noi, hanno rinunciato in media al 50 per cento del loro reddito. Ma l'hanno fatto tutti con convinzione, per una scelta di vita.

Il commercio equo e solidale, almeno all'inizio, era criticato perché per ovvi motivi aveva prezzi troppo alti, una nicchia per élite, anche se ora le cose stanno cambiando. Vale anche per l'assicurazione etica?
Noi stiamo facendo proprio in questo periodo il grande passaggio. Stiamo per diventare assicuratori a tutti gli effetti e abbiamo anche deciso di aderire alla Lega delle cooperative e a Confcooperative, siamo inseriti in ‟Afe”, l'associazione della finanza etica, siamo stati riconosciuti dal Wwf, Legambiente, Arci ragazzi; offriamo prodotti che possono essere competitivi o molto competitivi sul mercato. Ci sono capitati vari casi in cui noi abbiamo potuto offrire contratti solidi, equi e più vantaggiosi dal punto di vista dei costi perché siamo in grado di abbattere quello che per altri aumenta la spesa. Un piccolo esempio: c'è stata una piccola associazione con un bilancio di un miliardo l'anno a cui era stata chiesta un'assicurazione da 22 milioni. Noi siamo stati in grado di proporre lo stesso contratto a 2 milioni. Ma non è proprio questo che ci interessa, la competizione sui costi. Noi cerchiamo di lavorare su nuovi parametri di mutualità, trasparenza e premi equi.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …