Paolo Andruccioli: Mancia di Berlusconi in busta paga. Tutti gli imbrogli della politica fiscale di Berlusconi/2.

27 Ottobre 2004
La sproporzione è inguardabile. Basta scorrere le cifre di tutte le simulazioni, da quelle dei centri studio privati e delle università a quelle dei sindacati, per rendersene conto. Sulla riforma fiscale rimane la firma indelebile dell'ex ministro Giulio Tremonti, che si era autorevolmente ispirato ai neocons americani postReagan. Fa impressione vedere che - se non ci saranno novità dell'ultima ora - redditi annui altissimi avranno un beneficio fiscale pari al reddito lordo di un operaio metalmeccanico, chimico o tessile. Un beneficio, ovvero un taglio delle tasse pari al lavoro di un operaio che va in fabbrica ogni giorno, salvo le ferie. Nelle simulazioni che girano in questi giorni, tra cui la più citata è sicuramemte quella di Massimo Baldini e Paolo Bosi (vedi www.lavoce. info) si parla sempre di reddito imponibile perché è la base per tutti i calcoli dell'imposizione fiscale sulle persone fisiche. Non si fa riferimento agli aspetti sociali di quelle cifre, ovvero, per ragioni di simulazione e di calcolo matematico, non si dice che un metalmeccanico di quarto o quinto livello otterrà tot soldi, piuttosto che altro. Le persone fisiche sono inquadrate nei decili. E a questo siamo ormai tutti abituati nella società dei sondaggi e delle statistiche. La diseguaglianza è numerica. Fa impressione, ma non scandalizza. Ci siamo abituati.

Le tasse dell'operaio.
Se invece si tenta di fare un esercizio semplice come abbiamo provato a fare noi, ovvero quello di inserire qualche nome, qualche riferimento reale nella scala delle differenze, allora il discorso assume - forse - un'altra forza. Un operaio metalmeccanico di terzo livello avrà un beneficio fiscale (sempre in astratto perché qui non stiamo ancora considerando gli effetti negativi dell'aumento di tutte le altre tasse e del taglio al welfare) di circa 22 euro al mese, 0,50 euro, 50 centesimi al giorno. Un amministratore delegato, un manager, ma anche un alto dirigente dello Stato, un direttore generale come Siniscalco, per esempio, che da direttore generale del Tesoro viaggiava sui 600 mila euro all'anno, avranno benefici fiscali molto potenti. Anche la Cgil ha fatto i suoi calcoli che coincidono con quelli di Baldini e Bosi, ma sono più ricchi di particolari per i redditi superiori ai 100 mila euro annui, livello a cui si ferma lo studio dei due economisti. La Cgil calcola invece che i contribuenti più in alto avranno un aiuto di almeno 20 mila euro l'anno, ovvero molto più di quello che percepisce un ragazzo che sforna hamburger da McDonald's per tutto l'anno, quasi ogni giorno dell'anno. Si dice che questi aiuti ai più ricchi servono non tanto a loro e non tanto a garantirsi il voto alle prossime elezioni (chissà chi voterà il ministro Siniscalco?). Servono piuttosto a non deprimere l'economia. Uno ricco che viene troppo tartassato, poi non reinveste e non crea posti di lavoro. Si regaleranno insomma 20 mila euro all'anno a un dirigente o a un imprenditore (a un amministratore delegato si daranno molti più soldi), sperando che questi abbiano poi il buon cuore di reinvestire questi soldi nella società, ovvero in posti di lavoro. Stiamo così bruitalizzando (ci scuseranno gli studiosi) la teoria nota del "meno tasse, più sviluppo". Il dubbio però è atroce: ce lo vedete voi l'imprenditore premiato dalla riforma Berlusconi che decide di assumere subito un ragazzo per tutto l'anno per fargli cuocere hamburger?

Chi ha avuto, ha avuto.
Fa acqua anche la parte della teoria che riguarda i comuni mortali. Il beneficio per i lavoratori, i pensionati, i pubblici dipendenti impiegati, buona parte dei ceti medi e anche per un pezzo del lavoro autonomo e dei commercianti sarà pressocché nullo. Si giustifica questa evidenza dicendo che siamo ormai al secondo modulo della riforma pensata da Tremonti, il cui primo modulo era stato costruito su misura per i redditi più bassi. Quelli, insomma, avrebbero già avuto, ma non se ne sono affatto accorti visto che tutti gli istituti registrano un fenomeno sociale nuovo: l'indebitamento per spese correnti o per spese che non siano la casa. Una volta ci si indebitava per accendere il mutuo per comprarsi la casa, o per fare grandi spese eccezionali, una volta per sempre. Ora, anche in Italia, c'è gente che chiede prestiti per arrivare alla fine del mese, per fare la spesa di tutti i giorni, o magari per ricomprarsi gli elettrodomestici che si sono rotti. Dalle cambiali degli anni Sessanta si rischia di scivolare direttamente nell'usura. Tra il 1995 e il 2002 la quota di persone a basso reddito, ovvero che hanno un reddito equivalente disponibile inferiore alla metà del valore mediano, è salita dal 16,9% al 21,4% tra le famiglie operaie.
In questa situazione si parla di riforma che dovrebbe dare una scossa allo sviluppo economico e di misure a favore del potere d'acquisto. Ma di chi? Sono stati fatti dei calcoli per redditi sui 18 mila euro all'anno. Dipenderà dal tipo di scaglioni e di sistema di assegni famigliari che sarà scelto, ma in media questi redditi dovrebbero "guadagnare" circa 180 euro all'anno dal taglio delle tasse, circa 15 euro al mese, le vecchie 30 mila lire, mille lire al giorno. Sembra un bella cifretta che almeno di permette di comprare le sigarette. Il colpo di scena arriva però se si approfondiscono i calcoli. Gli enti locali lo hanno infatti già annunciato: dovranno aumentare le tasse locali. Di quanto? Siccome il taglio dei trasferimenti si aggirerà tra l'1 e il 2%, proviamo a calcolare un aumento fiscale dell'1% sulla tassazione locale, come ci spiega un esperto di questioni fiscali. Ebbene il risultato è che le tasse locali potrebbero aumentare di una cifra pari a 180 euro al mese, guarda caso la stessa cifra che il possessore di reddito da 18 mila euro intascherà con la riduzione della pressione fiscale. Siamo al taglio a beneficio nullo.

Quando arriveranno i soldi?
Il bello poi deve ancora venire, perché nella propaganda mediatica non si capisce mai quasi nulla. Non ti fanno capire quanti soldi avrai veramente, chi si arricchirà e soprattutto quanto ti costerà in termine di rinunce al welfare perché le tasse più basse si pagano con meno spesa pubblica e meno servizi. Non si è capito bene un piccolo particolare, ma di alto valore: il momento in cui la riforma andrà a regime. C'è il rischio serio che gli effetti si vedranno solo nel 2006 e addirittura, per alcune catergorie professionali anche nel 2007, dipende dai tempi di applicazione, dalle dichiarazioni dei redditi, perché il 730 e 740 si pagano in un determinato periodo dell'anno, poi ci sono le partite Iva. Insomma ci sono esperti che temono un vero effetto boomerang della riforma. È infatti probabile che i veri effetti (pochi e diseguali) si vedranno solo dopo le elezioni regionali e anche dopo le elezioni politiche. Tanti soldi davvero sprecati in tutti i sensi. Più di 6 miliardi, perché si parla ormai di una cifra tra 6,5 e 7 da investire per il taglio delle tasse che saranno gettati al vento e che potrebbero invece essere convertiti subito in assegni famigliari e in sostegno reale ai redditi da lavoro.
Un altro capitolo riguarda il mondo degli autonomi, delle partite Iva, del commercio e delle imprese. Stiamo parlando della parte della manovra finanziaria che dovrebbe accompagnare la riforma fiscale, ovvero i cosiddetti "studi di settore", quel sistema che era stato introdotto dal centrosinistra per cercare di far emergere qualcosa dal sommerso fiscale, dalla curva Irpef invisibile. Nello studio di settore si si regola per entrate medie: un dentista sa che non può dichiarare un reddito troppo inferiore a quello dei suoi colleghi per non pagare le tasse. Rischia di essere beccato e quindi si adegua. Ora con la finanziaria per il 2005 si tenta di andare a una "manutenzione" della base imponibile, cercando di aggiornare gli studi di settore e quindi di alzare il livello sotto il quale il fisco ti viene a fare i controlli. Secondo vari studiosi, è un fatto positivo ed è perfino una stranezza, un'anomalia che un provvedimento del genere spunti in una manovra di tutt'altro segno politico. Secondo Alessando Santoro, docente dell'Università Milano Bicocca, è una parte condivisibile della manovra fiscale perché tende al principio di far pagare tutti secondo il valore effettivo del proprio reddito. La diseguaglianza in Italia sta infatti ancora nel sistema di tassazione che è obbligatoria e automatica per tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati, e invece di tutt'altro tipo, quasi volontaria, per gli altri redditi. Difficilissimo l'accertamento in un mondo dove girano tra i 4 e i 5 milioni di partite Iva, che hanno caratteristiche sociologiche completamente diverse. Per partite Iva si intende infatti oggi anche chi era per esempio "cococo" e gli è stato imposto di aprire la partita Iva per lavorare non avendo più la possibilità di un contratto.
Sempre secondo Santoro, il metodo dell'aggiornamento degli studi di settore ha però due difetti. "Il primo è che non sappiamo se poi la proposta sarà realizzata; il secondo è di natura tecnica: si permetterà infatti la pianificazione concordata per i prossimi tre anni e poi arriverà l'aggiornamento vero e proprio". C'è il rischio serio che il condono rientri dalla finestra: degli studi di settore.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …