Paolo Andruccioli: Tutti gli imbrogli della politica fiscale di Berlusconi/1. Scendono le tasse, cresce l'ingiustizia

27 Ottobre 2004
Trentasette euro al mese, ovvero poco più di un euro al giorno. Una somma che però rischia di essere decurtata e in certi casi annullata dal prossimo aumento delle tasse locali, dall'arrivo di altre imprevedibili gabelle e dal taglio dei servizi che gli enti locali dovranno attuare per non andare in bancarotta. È questo il bilancio della seconda puntata della "rivoluzione" fiscale avviata da Giulio Tremonti nel 2001, dal punto di vista del contribuente italiano medio che ha un reddito tra i 20 e i 25 mila euro all'anno. Altro punto di vista, naturalmente, quello dei contribuenti d'élite (per quando si degnano di pagare tutte le tasse). Per i fortunati possessori di redditi superiori ai 100 mila euro, lo sgravio fiscale in arrivo sarà quindici volte quello applicato alla gente comune. I ricchissimi guadagneranno 6.357 euro a testa.

Chi ci guadagna.
Stiamo parlando di una delle tante simulazioni che girano in questi giorni sulle ipotesi di modifica della curva Ire, la nuova tassa che prenderà il posto dell'Irpef, l'imposta sulle persone fisiche. Le previsioni e le cifre le abbiamo estrapolate liberamente da un'analisi della riforma di due dei maggiori esperti della materia, Massimo Baldini e Paolo Bosi, che hanno pubblicato il loro ultimo lavoro su "chi ci guadagna e chi ci perde" su www.lavoce.info. Le cifre frutto dei loro calcoli sono considerate ormai il punto di riferimento anche da altri studiosi e ritornano in un saggio più ampio degli stessi autori scritto insieme a Cecilia Guerra e Silvia Giannini del Centro di Analisi delle politiche pubbliche che fa capo all'università di Modena. "A favore dell'1,78% dei contribuenti con imponibile superiore a 70 mila euro - scrivono gli economisti - si concentra il 70% dello sgravio complessivo". Per questo ai contribuenti con redditi tra i 20 e i 25 mila euro andranno 444 euro, ovvero 37 euro al mese. Conclusioni simili si trovano comunque anche in studi precedenti. In un saggio di Fernando Di Nicola del Secit, pubblicato sul primo numero del 2003 della rivista "Studi e Note di economia", si spiega che la prima parte della riforma fiscale ha avuto una valenza redistributiva a favore dei redditi più bassi, allargando l'area della completa esenzione Irpef, mentre il secondo modulo della riforma, così come era stato pensato da Giulio Tremonti, si caratterizza soprattutto per i notevoli benefici per le classi di reddito più elevate e nonostante la decrescita delle deduzioni. Ora, quella riforma Tremonti è già seppellita, perché non si parla più del modello flat rate e delle uniche due aliquote del 23% e del 33%. Gli effetti pro-ricchi rimangono però tutti, anche con la terza aliquota al 39% e perfino con una eventuale quarta aliquota come vorrebbe An, con una mossa più elettorale che altro. Fini e i colonnelli del partito si precipitano infatti a giustificare la loro proposta e dicono che, caso mai, "il contributo di solidarietà" dei ricconi sarà solo temporaneo. Tutti gli altri, la gente comune, dovrà invece subire il taglio dei servizi per sempre.

Chi è senza reddito...
"Bisogna attendere il testo definitivo - dice Cecilia Guerra, docente dell'Università di Modena - ma quello che sembra già chiaro è che si stanno per spendere tanti soldi (sei o sette miliardi) per una misura che avrà effetti redistributivi molto dubbi. È anche chiaro che lo strumento fiscale non sembra il più efficace per intervenire a favore delle famiglie a più basso reddito". C'è infatti la grande questione degli "incapienti", quelli che stanno sotto certi livelli e che non pagando le tasse non possono beneficiare del sistema delle deduzioni e detrazioni. Ma c'è anche, soprattutto, l'altra grande questione degli assegni famigliari e del sostegno reale (in positivo) agli individui con persone a carico, spesso anziane. Sempre secondo la professoressa Guerra, bisognerebbe ripensare tutta la logica e immaginare un vero programma di trasferimenti. Le cose più preoccupanti, poi, sono i presupposti ideologici dell'operazione taglio delle tasse. Si preferisce proporre al popolo uno scambio tra qualche spicciolo in più in tasca e meno servizi, con un bilancio che sarà tutto in negativo. L'altro presupposto dell'operazione è quello relativo allo sviluppo e alla crescita economica. Si dice: meno tasse ci sono, più soldi circolano e più si cresce. Niente di più falso, come dimostriamo anche in un articolo in questa pagina e come ha spiegato, con dovizia di riferimenti agli Usa, Laura Pennacchi nel suo saggio L'eguaglianza e le tasse. Non c'è nessuna evidenza empirica, spiega ancora Cecilia Guerra, che dimostrebbe il nesso tra meno tasse e più occupazione. Anzi, se si studiano con attenzione le ricerche statunitensi si scopre che da Reagan in poi c'è stata una crescita occupazionale negli Usa nei settori e per le categorie che non hanno beneficiato del tagli fiscali. L'esatto contario della bassa propaganda di George Bush.
Gli sgravi fiscali non hanno fatto miracoli negli Usa e non li faranno da noi, nonostante la propensione miracolistica di questo governo. Negli Usa i ricchissimi, ha spiegato Massimo Baldini su ‟il Riformista”, pagano oggi più tasse anche perché sono stati agevolati nel diventare più ricchi dal taglio delle tasse. Ma questo fenomeno non è la causa della crescita del Pil. Senza i tagli fiscali, il contributo dei ricchi all'imposta totale sarebbe probabilmente cresciuto ancora di più. "Se si vuole usare il sistema fiscale per favorire la ripresa - spiega Baldini - la strada migliore non è quella di diminuire le tasse ai ricchi, ma quella di ridurre le imposte o i contributi ai lavoratori a reddito medio e basso". Anche qui, il contrario di quello che sta succedendo in Italia con la finanziaria 2005.
E a proposito di manovra, vanno segnalate due stranezze o due forme di schizofrenia nelle scelte politiche del governo. Stranezze che però hanno forse una spiegazione logica. La prima stranezza è quella sottolineata nella relazione di minoranza alla finanziaria firmata da un gruppo di deputati dell'Ulivo, tra cui Giorgio Benvenuto e Alfiero Grandi, dove si parla dell'"illusionismo fiscale" della manovra. Per recuperare gettito, spiegano i deputati, il governo ha messo in campo una manovra che prevede un'entrata di 7,5 miliardi di euro, ovvero più di quello che si promette come riduzione delle tasse. Il governo da una parte, per propaganda, parla di taglio delle tasse, dall'altra aumenta le imposte e cerca di colpire settori che sono stati anche base elettorale del centro destra, come tra i commercianti, i professionisti e gli autonomi. È un punto molto delicato per il governo, perché con la revisione degli studi di settore c'è stata quasi una dichiarazione di guerra nei confronti di un certo elettorato. Perché il governo si espone a questa strana forma di harakiri politico? La parte della legge finanziaria che riguarda il recupero dell'evasione, la lotta agli affitti in nero, la revisione e manutenzione della base imponibile non sembra scritta da un governo di destra. Sembra piuttosto una sorta di rivincita dell'agenzia delle entrate che in questi anni, con la gestione tremontiana è stata umiliata. La lotta all'evasione fiscale non esiste quasi più, si sono perse le pratiche quotidiane e il fisco si è riqualificato sui condoni.

Evasione al galoppo.
In questi ultimi anni, e non stiamo parlando solo del governo Berlusconi, la lotta all'evasione è stata lentamente messa da parte. Con la finanziaria del 2005 ritornano al pettine i nodi, anche perché i conti pubblici sono in uno stato tale che non si può più giocare. Servono entrate disperatamente, anche perché il taglio propagandistico delle tasse dovrà pur essere coperto. Si mettono in gioco gli equilibri del consenso per dare qualche spicciolo e conservare la faccia a Berlusconi, che ha già perso Tremonti. La Cgil calcola che, spendendo più di 6 miliardi, un lavoratore con un reddito di 20 mila euro all'anno ricaverebbe ben 66 euro.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …