Gianni Riotta: Ricetta contro l’intolleranza

17 Dicembre 2004
Si tutela di più l’identità europea ammettendo la Turchia nell’Unione o facendo il presepe? La risposta alla bizzarra domanda, posta dalla storia nella vigilia di feste natalizie, è: aprendo l’Unione ai turchi e allestendo il presepe con capanna, Bambinello, Re Magi, pastori. Le due vicende, il sì alla domanda di negoziato per entrare nel Club Europa della Turchia, in discussione a Bruxelles da domani, e le polemiche sull’opportunità di costruire presepi in comunità popolate anche da immigrati islamici, sono assai diverse, ma entrambe ci parlano di un futuro composto da più etnie e culture. Forte di un weekend passato a allineare i vecchi pastori di creta ereditati da mio padre, un Gesù Bambino in cera del Settecento, struggente, ereditato da mia madre, con le casette di cartone e le figurine acquistate in anni di fedele pellegrinaggio a Napoli a San Gregorio Armeno, la Silicon Valley del presepe, penso di non offendere nessuna sensibilità ripetendo che mettere in soffitta la Natività non è "politicamente corretto", è stupido. Così come pensare di guadagnare consensi a basso costo negando il visto alla Turchia, come poco evangelicamente fa la leader democristiana tedesca Angela Merkel, manca non solo di compassione, ma anche di realismo politico (e bravo al cancelliere Schröder per avere tenuto duro sul sì ad Ankara). Titanic ha promosso la tolleranza e la risorsa emigrazione quando non andava di moda, e non ha mutato parere. Dire ai nuovi arrivati, come fa la Merkel, dimentica delle più tragiche radici del suo Paese e del nostro continente, "o vi adeguate alla cultura dominante o non vi facciamo entrare", è qualcosa che il Bambin Gesù che con tanta tenerezza mettiamo nelle ingenue mangiatoie di creta, plastica, bambagia e legnetti, avrebbe deprecato con parole severe. Al tempo stesso però, credere che una società di tolleranza, dialogo e convivenza sia la scialba varechina culturale che cancella tradizioni, dalle nobili alle domestiche, è errore che genererà proprio quell’astio e quel risentimento che, magari in buona fede, si vorrebbero cancellare. Nella Francia della République, o nell’America della separazione Stato e Chiese, il crocefisso esposto nelle aule sarebbe intollerabile. In Italia è un simbolo di fede religiosa per i credenti e di memoria storica per i non credenti. La pari dignità dei cittadini di diverse fedi e tradizioni, gli ebrei, i musulmani, i cristiani non cattolici, i buddisti, gli agnostici, deve essere garantita affermando le loro immagini in pubblico, con le menorah accanto al presepe. Una sentenza americana, nella migliore tradizione civile di quel Paese, sancisce il diritto di esposizione nei luoghi pubblici di simboli religiosi, a patto che venga assicurato a ogni cittadino. Una comunità tollerante è capace di aprirsi al nuovo, proponendo alla Turchia un percorso comune per riconoscersi nel dialogo, mettendo al bando muri invisibili e ricatti egoisti. Come il Papa ha pregato solennemente con le altre religioni, l’Europa, insieme figlia del cristianesimo e dell’illuminismo, può accogliere al proprio interno una nazione a maggioranza islamica. E quando gli amici di diverso credo religioso guarderanno con ammirazione il presepe nelle nostre case, potremo mostrare con serenità le statuette dei Re Magi, i saggi venuti dall’Oriente a condividere un messaggio di speranza e amore. Un Natale di coraggio e generosità, a partire dallo storico dialogo di domani a Bruxelles, illuminerebbe il presepe di luce ammirevole per tutti.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …