Paolo Andruccioli: Economia. La febbre delle Pmi

25 Febbraio 2005
Le piccole e medie imprese non stanno bene e sono pessimiste: calano gli ordini e aumenta la concorrenza. Le piccole e medie imprese sono l'ossatura del sistema italiano. Ergo: il sistema non sta affatto bene, anzi ha la febbre. Urgono interventi immediati, ma anche di lungo respiro. È questo, in sintesi, il messaggio che è emerso ieri dalla tavola rotonda organizzata da Confapi e da Unicredit Banca d'Impresa, durante la quale è stata presentata la terza indagine congiunturale curata appunto da Confapi e Unicredit. I dati confermano una fotografia del declino che è stata messa in evidenza in molte occasioni (la Cgil è stata inizialmente criticata per l'insistenza sul declino e anche la Cisl ha presentato di recente una sua ricerca). Il declino industriale italiano è un fatto, anche se la situazione ha varie sfaccettature. Lo studio Confapi-Unicredit evidenzia per esempio lo stato di forte malessere dei distretti del nordest e del nordovest. Paradossalmente le piccole e medie imprese che sembrano reagire meglio e con più ottimismo sono quelle del sud. Al nord, che è stata la punta di diamante, ora va peggio. Ma tutte le aziende hanno difficoltà a misurarsi con il mercato globale, con l'euro forte e con le nuove norme sul credito bancario, anche se nel nostro sistema è connaturata (lo ha ricordato bene Danilo Broggi, presidente di Confapi) una forte missione internazionale. Il problema sono dunque le ricette, il che fare. Il presidente leghista della Commissione bilancio della Camera, Giorgetti, ha detto che l'unica vera soluzione sono i dazi, il protezionismo. Al contrario, Nicola Rossi (deputato ds) e l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, pensano che con i dazi non si va poi molto lontano e che comunque la globalizzazione rende impraticabile qualsiasi tipo di protezionismo.
Bisogna invece fare le cose che si dicono in teoria: ricerca, innovazione, nuovo rapporto tra imprese e università, internazionalizzazione e lotta alla burocrazia. Stando attenti, ha precisato Giorgetti, a non far morire il malato prima di somministrare le medicine. Bisogna fare entrambe le cose contemporaneamente, suggerisce Profumo, secondo il quale non bisogna demonizzare le delocalizzazioni. Possono essere una cosa utile se diventano conquista di mercati e rafforzamento, non chiusura (o trasloco) delle imprese italiane sul territorio nazionale. E poi basta con il "piccolo è bello". Ci vogliono grandi imprese.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …