Paolo Andruccioli: Intervento di Montezemolo. Soldi oggi, licenziamenti domani

27 Maggio 2005
Il paese non cresce, è inutile negarlo, anche se non bisogna cedere alla retorica del declino. Le cose vanno davvero male e perfino l'imprenditore, animale che ama il rischio e vive di ottimismo, comincia ad avere qualche dubbio sul futuro. Perciò non ci sono scorciatoie o illusioni da cullare. ‟Bisogna rivalutare la capacità di produrre ricchezza e la componente rappresentata dal lavoro - ha detto ieri il presidente di Confindustria - ma la rivalutazione non può essere solo una questione di contrattazione sindacale, come invece sta avvenendo”. Gli imprenditori - ha spiegato Montezemolo – ‟sono consapevoli delle difficoltà di molti lavoratori”. Ma sono soprattutto consapevoli delle difficoltà delle loro aziende. Per questo è necessario far crescere la competitività delle imprese, per consentire i profitti e ‟un'adeguata remunerazione del lavoro”. Attenzione all'aggettivo ‟adeguata”. Perché, se gli aumenti diventano incompatibili con questo quadro, allora ‟i maggiori salari sarebbero solo l'anticipo di futuri licenziamenti”. Così si è presentato ieri Montezemolo che, dopo aver parlato contro la rendita finanziaria, che si sta mangiando il capitale produttivo, inveito contro gli immobilieri di assalto e contro quei poteri (per esempio contro il governatore Antonio Fazio, che ieri non era presente) che stanno frenando l'ingresso delle banche straniere in Italia, si è dedicato (a metà circa della sua relazione) a uno dei temi più caldi e che a quanto pare sta molto a cuore agli industriali.
Il costo del lavoro, spiega il presidente, si deve abbattere, aggredendolo da due parti contemporaneamente: da una parte tagliando le tasse che gravano sul lavoro (l'Irap prima di tutto e subito) dall'altra frenando la rincorsa salariale, che potrebbe ripartire spinta com'è dai sindacati in tutti i settori, a partire dagli statali. Montezemolo si è perfino scusato per questa ‟brutalità”. Ma in questo momento così difficile, ‟occorre parlare chiaro”. Bisogna rischiare le scelte impopolari e il sindacato si dovrà assumere in pieno tutte le sue responsabilità, anche se dopo un anno di tentativi di dialogo e di costruzione di un possibile accordo su un nuovo modello di relazioni sindacali, i risultati sono stati praticamente pari a zero.
Il punto, per la Confindustria, è chiaro. In questo preciso momento storico è venuta a mancare la politica; non esiste una classe dirigente degna di questo nome e la macchina dello Stato, invece di semplificarsi e di semplificare la vita al cittadino, moltiplica le sue amministrazioni e continua a produrre leggi e gabelle. Nessuno sa dire esattamente - ha spiegato il presidente di Fiat e degli industriali - quante leggi esistano oggi in Italia, mentre quelle che davvero servirebbero non si portano a conclusione. La legge sul risparmio - tanto per fare un esempio - è naufragata nonostante le tante promesse di mettere ordine in un settore così colpito dagli scandali finanziari.
La relazione di Montezemolo è stata dunque molto cruda e i voli retorici sono stati limitati allo stretto indispensabile. Gli attacchi politici sono stati sapientemente indirizzati sia a destra, sia a sinistra. Entrambi gli schieramenti si dedicano infatti con molta più passione ai defaticanti scontri interni. La realtà è che i politici, invece, di guardare al futuro, hanno ‟la testa nelle urne elettorali”. Gli applausi più sentiti e prolungati sono arrivati comunque sui passaggi relativi all'Europa (non nascondiamoci dietro la comunità: ‟non è il Patto di stabilità la causa della stagnazione economica”). Applauso della platea di industriali anche per la critica contro un nuovo attivismo dello Stato ‟che fa venire alla mente la vecchia Gepi”. Grande applauso anche per i passaggi di attacco alle banche protezioniste e alle manovre incrociate per bloccare l'ingresso degli stranieri. Ovviamente gli industriali si sono lasciati andare a un altro grande applauso quando il loro leader ha spiegato che ‟il fisco non solo è pesante, ma è anche mal distribuito”. Abbiamo - ha detto Montezemolo - un fisco che premia più le importazioni che il lavoro nazionale, premia più la rendita che la produzione. E proprio questo che si vuole?
Per il presidente di Confindustria, per far ripartire il sistema e dare la possibilità di ‟una rivincita” possibile dell'Italia, bisogna cominciare a guardare avanti, almeno da qui a dieci anni, con una ‟mappa che indichi la strada”. Ci vuole trasparenza e meritocrazia in tutti i settori, dall'amministrazione pubblica alla scuola. Ma ci vuole soprattutto una totale liberalizzazione di tutti i servizi, che, sempre secondo il presidente, sono oggi più un freno che un traino per l'economia, al contrario di quel che succede in tutti gli altri paesi avanzati.
L'Europa non solo non può essere usata come una scusante di tutte le cose che non vanno, ma deve essere invece intesa come l'unico strumento che potrà farci competere con gli altri giganti economici. Anche perché il baricentro si sta progressivamente spostando e tra qualche anno Russia, India, Cina e Brasile saranno la più imponente forza economica mondiale. Nel 2050 - prevede Montezemolo - solo Giappone e Stati uniti resteranno tra i primi sei paesi del mondo.
In Europa dunque, per tentare di gareggiare a livello mondiale, mentre in Italia c'è di nuovo da rimboccarsi le maniche, dopo i troppi fallimenti delle politiche economiche del governo. C'è da lavorare sulla liberalizzazione dei servizi che la Confindustria spinge senza mezzi termini, e alla lotta all'economia sommersa, oggi il 25 del Pil. Il limite tra legale e criminale, nel nostro paese, si è fatto molto labile. A tutto ciò dovranno pensarci la politica e le istituzioni. Agli industriali e ai sindacati che rappresentano i lavoratori spetta invece il compito di trovare un nuovo accordo, un nuovo patto, una volta si sarebbe detto tra i produttori. Lo scambio che viene proposto sembra però alquanto sproporzionato. Ai lavoratori si chiedono nuovi sacrifici e soprattutto di rinunciare agli aumenti richiesti perché sono incompatibili con la crisi. In cambio che cosa daranno le aziende? Ieri non si è ben capito. L'unica cosa certa è che Montezemolo non vuole fare la fine dei polli di Renzo, quei pennuti che si beccavano ferocemente mentre venivano portati al macello.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …