Paolo Andruccioli: "Una doppia finanziaria". Il programma di Siniscalco

29 Giugno 2005
Il consiglio dei ministri di ieri ha varato il rendiconto 2004 e l'assestamento del bilancio di previsione per il 2005. Il ministro dell'economia, che deve ammettere un peggioramento del saldo netto da finanziare (che passa da 48,6 a 51,1 miliardi di euro), esclude categoricamente il ricorso a una manovra bis. Parla invece delle due prossime leggi finanziarie, quella per il 2006 e quella per il 2007, che dovranno essere ‟serie, anzi di rigore”. Il ministro dell'economia deve altresì ammettere il nuovo ritardo nella presentazione del Dpef, il documento di programmazione economica e finanziaria che secondo la legge dovrebbe essere presentato entro il 30 giugno, ma che ormai è prassi dei governi di centrodestra presentare in luglio. Per questa volta, Siniscalco promette un Dpef per il 4 luglio. L'obiettivo principale da raggiungere, sempre secondo il ministro, è quello della crescita economica. Ma non si possono creare illusioni. Il massimo a cui si potrà puntare, ha dichiarato Siniscalco, sarà un 1,5%. Non si può neppure criticare sempre e solo l'Italia, ha detto Siniscalco. È tutta l'Europa che finora ha fallito, da tutti i punti di vista. L'Europa ha registrato un fallimento ‟sul piano della crescita, dell'occupazione e dell'innovazione”. In particolare l'agenda di Lisbona avrebbe fallito perché conteneva troppi obiettivi. Un Dpef, dunque improntato alla crescita, con un'attenzione particolare ad alcuni problemi, come per esempio il costo troppo alto dei servizi bancari e la necessità di stimolare le fusioni tra piccole e medie imprese.
Il ministro Siniscalco è tornato a parlare anche della polemica con il presidente dell'Abi, Maurizio Sella, sempre a proposito dei costi bancari. Tra governo e banche, in questo momento, sembra esserci dunque una certa tensione, viste anche le polemiche che si sono sviluppate intorno alla questione del trasferimento del Tfr ai fondi pensione. Ieri il ministro del welfare Maroni ha confermato che uno degli ostacoli principali al varo dei decreti attuativi della previdenza complementare è dovuto proprio alla resistenza delle banche sulla questione del credito agevolato alle imprese.
Dopo l'accusa di Maroni è arrivata ieri subito la replica dell'Abi. ‟Nonostante le considerazioni del ministro - dice un comunicato ufficiale dell'associazione delle banche italiane - continueremo a collaborare. Le banche hanno condiviso il progetto del Fondo di garanzia pubblico”. I banchieri si dicono quindi ‟stupiti delle parole di Maroni”. La questione che si sta discutendo riguarda in sostanza lo schema che si sceglierà per attuare il credito agevolato alle imprese che cederanno il Tfr dei lavoratori ai fondi pensione. Ma oltre allo scontro fra Maroni e le banche continua a esserci una notevole tensione anche tra il governo e i sindacati confederali. Dopo i primi no secchi della Cgil sulla base delle anticipazioni del nuovo testo sulla previdenza complementare, ieri i tre segretari confederali di Cgil, Cisl, Uil, responsabili della previdenza (Morena Piccinini, Pier Paolo Baretta e Adriano Musi) hanno detto che la bozza del governo non va bene e che sarebbe opportuno chiedere subito una proroga della delega. Il governo non avrebbe accolto nessuna delle indicazioni che i sindacati hanno elaborato insieme alle organizzazioni delle imprese e ancora una volta avrebbe scelto un metodo che non tiene conto del parere delle parti sociali. In questo modo, ha commentato ieri il segretario generale della Cgil, Epifani, è difficile ipotizzare un lancio della previdenza integrativa. È dunque anche probabile che il varo dei decreti, previsto per venerdì, possa slittare.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …