Vanna Vannuccini: Ostaggi Usa accusano. "Ahmadinejad un sequestratore"

01 Luglio 2005
"Marg bar Amrika, marg bar Amrika!" Morte all´America. Tutto cominciò con queste parole. Il 4 novembre 1979 gli studenti iraniani occuparono l´Ambasciata degli Stati Uniti a Teheran e per i diplomatici americani cominciò una prigionia che durò 444 giorni. L´attacco improvviso colse gli americani impreparati. Nessuno aveva preso atto delle parole pronunciate da Khomeini quando il governo americano autorizzò lo Scià ad entrare negli Stati Uniti per curarsi un cancro: ‟Ora gli studenti sono chiamati a dirigere tutte le loro forze contro l´America e contro Israele, per obbligare l´America a estradare lo Scià criminale” aveva detto l´imam. Nessuno presagiva dunque niente di brutto quando migliaia di studenti marciarono per le strade di Teheran verso viale Roosevelt. Fino al momento in cui non presero d´assalto quello che dopo il golpe della Cia contro Mossadegh gli studenti chiamavano il ‟covo di spie”.
L´assalto segnò la rottura, che dura fino ai nostri giorni, dei rapporti tra Washington e Teheran. Nel clima di tensione internazionale provocato ora dall´elezione a sorpresa dell´ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad a presidente della Repubblica islamica, mancavano solo le accuse di ex ostaggi perché la ferita tornasse a sanguinare. Biografie che sottolineavano la partecipazione di Ahmadinejad all´assalto dell´ambasciata erano circolate nei giorni scorsi a Teheran ma ieri il ‟Washington Times” ha pubblicato le testimonianze di ex ostaggi che sostengono che Ahmadinejad era uno dei capi, e tra i più duri. ‟Appena ho visto la fotografia sui giornali, ho capito che era proprio lui, il bastardo. Il nuovo presidente iraniano è un terrorista”, ha affermato il colonnello a riposo Charles Scott, 73 anni. Anche David Roeder, William Daugherty, Don Sharer e Kevin Hermening non hanno dubbi. Daugherty, che era agente della Cia, ricorda che Admadijejad nei primi giorni della crisi aveva fatto entrare nell´ambasciata un mediatore vaticano. ‟Era un duro - dice - e questo si fa capire cosa ci aspetta nei prossimi anni”.
Un equivoco, nato dalla pubblicazione su internet di una fotografia in cui si vede un carceriere barbuto che tiene un ostaggio bendato e assomiglia vagamente ad Ahmadinejad, sostengono invece unanimemente i tre esponenti più noti del commando di allora, che in questi anni sono diventati riformatori e hanno pagato duramente il fatto di non condividere più l´ideologia della rivoluzione. Ahmadinejad non faceva parte del gruppo studentesco ‟partigiani della voce dell´Imam”, affermano, pur facendo parte come la maggioranza degli studenti della Associazione studenti islamici. In ogni caso nessuno nega che fosse in prima fila ytra gli studenti militanti, e ieri lo stesso presidente Bush ha detto che ‟le accuse sul suo conto ci fanno pensare, è importate avere una risposta agli interrogativi che ci poniamo oggi”.
‟Veramente Ahmadinejad proprio non c´era nel nostro gruppo” dice al telefono Hashen Aghajari, allora membro dei ‟partigiani della voce dell´Imam” e anni dopo, come professore di diritto islamico, condannato a morte per aver scritto che gli ayatollah non hanno il monopolio dell´interpretazione del Corano. Tenuto per mesi in isolamento, processato più volte, solo l´anno scorso, grazie alla mobilitazione dell´opinione pubblica e dei politici riformisti, era stato liberato. Confermano le sue parole Mohsen Mirdamadi, che nel parlamento riformista era il capo della Commissione esteri, e Abbas Abdi, il più noto tra gli assalitori dell´ambasciata, diventato poi sostenitore della distensione con gli Stati Uniti, tanto che ha scontato tre anni di carcere sotto accusa di spionaggio.

Vanna Vannuccini

Vanna Vannuccini è inviata de “la Repubblica”, di cui è stata corrispondente dalla Germania negli anni della caduta del Muro. Ha seguito le Guerre balcaniche, lavorato in diversi paesi e, …