Paolo Andruccioli: Tfr e fondi pensione. Mediolanum street

07 Ottobre 2005
Dobbiamo un grazie a Berlusconi. Mercoledì, al momento della votazione del consiglio dei ministri sul Tfr e i fondi pensione, è uscito dalla stanza. Non si è trattato di pavidità o vergogna. Berlusconi ha semplicemente reso palese l'altro gigantesco conflitto di interessi che rappresenta. Egli è Mediaset, ma è anche Mediolanum, società leader delle polizze individuali assicurative, con oltre il 21% del mercato. L'uscita da quella stanza di Palazzo Chigi è stato un tentativo (fallito) di mandare un messaggio all'opinione pubblica: guardate che io, con le assicurazioni, non c'entro nulla. La realtà, come è ovvio, è rovesciata. Nel silenzio dei rappresentanti del governo - fatta eccezione per il ministro Maroni - e nel silenzio della maggioranza dei partiti, centrosinistra compreso, fatta anche qui qualche eccezione come la dichiarazione di Massimo D'Alema, il governo - ma si potrebbe dire la politica nel suo complesso - ha abdicato alla sua funzione.
La situazione che si è determinata è scandalosa, una vera questione morale. Il Tfr, il trattamento di fine rapporto, è una parte della retribuzione. Quindi è un diritto sancito. I lavoratori devono avere la libertà di scegliere cosa fare dei loro soldi, senza essere condizionati dai vari promotori finanziari dell'ultima ora. Le associazioni imprenditoriali (e in questo caso Montezemolo ha volato davvero molto basso), delle banche e delle assicurazioni antepongono invece i loro interessi privati. Gli interessi di milioni di lavoratori che devono subire il taglio delle pensioni pubbliche sono resi deboli dal business mascherato. È il trionfo dell'egoismo becero. Qui ognuno difende il suo bottino: le banche non ci vogliono rimettere e anzi ci vogliono guadagnare, le assicurazioni vogliono strappare i lavoratori dalle grinfie dei sindacati, i partiti si posizionano in base a quello che riceveranno.
Nessuno spiega come stanno davvero le cose. Nessuno ha il coraggio di andare in tv per fare un discorsetto semplice: vi abbiamo tagliato la pensione pubblica con le riforme degli anni novanta e quindi ora bisogna rimediare almeno con una previdenza complementare dai costi bassi. Nessuno ha questo coraggio perché tutti (o quasi tutti) sono coinvolti nel gigantesco gioco del conflitto di interessi. E anche perché bisognerebbe dire la verità. Le polizze assicurative promettono rendimenti altissimi, ma i promotori non dicono che i costi delle commissioni si possono mangiare oltre il 6% del capitale versato. Ci sono polizze che divorano il 16% di tutto il capitale nei primi tre anni e contratti che non sono in grado di restituire neppure il versato. Non si raccontano le tante truffe che si aggirano tra risparmiatori ‟previdenti”. Questo sì che sarebbe un bel soggetto per un'inchiesta parlamentare.
Il governo aveva anche annunciato una grande campagna di informazione sui fondi pensione, ma a quanto ci risulta non è stato approntato neppure il progetto. Chi sarà favorito dalla confusione? Domanda retorica.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …