Guido Olimpio - Fiorenza Sarzanini: Nel covo dei ribelli le foto per colpire Roma

19 Settembre 2005
Nella lista degli ‟obiettivi umani”, che Al Qaeda ha diffuso via Internet qualche mese fa, la priorità è stata assegnata ai cristiani. Gli italiani sono inseriti subito dopo americani, britannici e spagnoli. Sono i ‟crociati” da sconfiggere. ‟Le loro case - si intima nel documento - devono essere trasformate in un inferno, così come essi hanno trasformato in un inferno i Paesi musulmani”. Combattere i crociati, ma anche i ‟traditori” e, dunque, gli Stati islamici che dialogano con l’Occidente. Le regole dettate dai fondamentalisti sono esplicite: ‟Bisogna colpire quegli infedeli che appoggiano gli infedeli locali”. Per questo l’inferno scatenato a Sharm El-Sheikh viene ritenuto un avvertimento che mira anche all’Italia. Un tassello della strategia del terrore che affonda le sue radici in Iraq.

Le immagini
È da lì, da quella terra martoriata dalla guerra e dagli attentati suicidi, che arrivano i segnali più inquietanti. Difficile in queste ore districarsi tra le decine di informative e segnalazioni trasmesse dai servizi segreti collegati all’intelligence e alle forze di polizia. Dopo gli attacchi di Londra del 7 luglio, sono migliaia i bersagli indicati come possibili, centinaia le ‟fonti” che indicano pericoli imminenti. Ma ci sono anche tracce più concrete, documenti e materiale fotografico che adesso vengono analizzati con la massima attenzione. Uno degli ‟allerta” ritenuti credibili è stato inviato qualche giorno fa dagli Stati Uniti. Riferisce dell’arresto di un iracheno compiuto il 10 luglio dai reparti speciali americani a Ramadi, uno dei santuari della ribellione sunnita. L’uomo è definito ‟uno dei luogotenenti di Abu Musab Al-Zarqawi”. Nel covo custodiva volantini e materiale scaricato da Internet. Analizzando i documenti, i soldati statunitensi hanno trovato alcune fotografie satellitari di Roma. Tra i luoghi indicati ci sono l’aeroporto Leonardo Da Vinci, quello dell’Urbe, la Basilica di Santa Maria Maggiore e alcuni McDonald’s. Le immagini sono state trasmesse agli 007 italiani insieme a una sintesi dell’interrogatorio dell’iracheno, indicato con le false generalità di Abu Shiba. ‟La persona catturata - affermano gli Usa - ha ammesso di aver partecipato a una riunione militare per organizzare una serie di attentati in Europa e in particolare in Italia”.

La verifica degli obiettivi
Nessuno è in grado di stabilire a che punto fosse il progetto di attacco raccontato dall’iracheno. Ma certo suscita grande inquietudine il fatto che tra i documenti sequestrati ci fossero fotografie che indicano con precisione luoghi simbolo della Capitale italiana. E’possibile che Shiba abbia fornito anche i nomi di persone che fanno parte del suo gruppo, ma si tratta di elementi che non sono stati ancora veicolati. Nell’informativa si parla di un’organizzazione che fa parte della galassia di Al Zarqawi, ma senza fornire ulteriori dettagli sui suoi componenti. Per questo gli 007 stanno effettuando verifiche sulla reale identità dell’iracheno catturato e hanno attivato le ‟fonti” che si trovano ‟in teatro” per tentare di delineare in maniera più definita il livello di minaccia. La campagna mediatica scatenata nei confronti del nostro Paese e le indicazioni che arrivano dal mondo arabo mostrano un rischio altissimo anche per gli interessi italiani all’estero. E dunque non viene sottovalutato che uno degli hotel attaccati a Sharm sia il Ghazala Garden, tra le mete preferite dagli italiani, consigliato da numerosi tour operator. Gli analisti sono concordi nel ritenere che la scelta degli obiettivi non sia mai casuale. Due anni fa, fu il Sismi a mettere in guardia dal rischio che i terroristi potessero prendere di mira le metropolitane, ma anche i cosiddetti soft-target: centri commerciali, alberghi, villaggi turistici, scuole, sedi di banche e uffici che rientrano in quell’elenco di obiettivi facili da colpire perché sottoposti a più basso livello di sorveglianza.

La strategia di attacco
I rapporti di analisi dell’intelligence disegnano nuovi scenari operativi. E sottolineano il rischio che i mujaheddin reduci dall’Iraq pronti ad agire nei Paesi vicini (Libano, Giordania, Siria) siano determinati ad allungare la proiezione strategica fino all’Europa. Non si può neppure escludere che per alcuni di questi elementi si tratti di un ‟ritorno”: sono stati reclutati in Italia, mandati in Iraq via Siria o Arabia Saudita, hanno combattuto, hanno acquisito l’esperienza per preparare veicoli-bomba e kamikaze, quindi sono stati schierati nuovamente a Milano, Roma o Napoli. Il passaggio in Iraq è servito in pratica per ‟diplomarli” nel jihadismo della spada e non più solo in quello della parola.L’altro elemento allo studio degli apparati di sicurezza di numerosi Paesi - anche non coinvolti nella coalizione a Bagdad - è il legame transnazionale. Esistono stretti legami tra militanti presenti in Italia e altri in attesa in Francia, da sempre terra di rifugio per gli estremisti. Le indagini sugli affiliati al Gimc, il Gruppo islamico combattente marocchino, che si sono stabilizzati tra il Piemonte, la Lombardia e il Veneto hanno consentito di rintracciare contatti con ‟fratelli” che vivono in Bosnia e Marocco, ma anche in Norvegia, Svezia e soprattutto in Gran Bretagna.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …