Guido Olimpio - Paolo Biondani: Rivelazioni su Abu Omar. “In Albania era confidente della Cia”

04 Luglio 2005
La Cia ha rapito una sua creatura? Un’inchiesta giornalistica del Chicago Tribune ha fatto luce sul passato di Abu Omar, l’imam rapito a Milano il 17 febbraio 2003 e finito sotto tortura in Egitto: per questo sequestro di persona i magistrati milanesi hanno ordinato l’arresto di 13 agenti della Cia. Dall’indagine dei pm risulta che Abu Omar era arrivato in Italia nel 1997 dall’Albania, dove ha lasciato una moglie e tre figli. Ora il quotidiano di Chicago ha scoperto che tra il ‘95 e il ‘97 Abu Omar era diventato ‟il più produttivo informatore della Cia e dei servizi segreti albanesi”: il primo confidente degli 007 americani sulla Jamaa Islamyia, il gruppo integralista egiziano che nel ‘98 parteciperà alla fondazione del Fronte di Al Qaeda.
Il ‟Chicago Tribune” (che ha anticipato al Corriere le tre corrispondenze su Abu Omar pubblicate oggi da Milano, Alessandria d’Egitto e Tirana) è riuscito a far parlare i capi dipartimento dei servizi albanesi (Shik), Astrit Nasufi e Flamur Giymisha, che avevano gestito Abu Omar e hanno confermato il suo ruolo di primo informatore della Cia. Un retroscena che s’incastra perfettamente nel quadro già accertato dalla Digos e sembra rispondere a una domanda chiave: perché la Cia, tra decine di integralisti europei, ha rapito proprio Abu Omar? Sentito come testimone, il suo fratello di fede Mohammed Reda, l’unico che riuscì a parlargli al telefono nel 2004, ha spiegato che Abu Omar, appena fu trasferito in Egitto, si sentì proporre un contro reclutamento: ‟Il ministro dell’Interno Habib Al Adly gli disse che, se avesse accettato di lavorare come infiltrato dei servizi egiziani, lo avrebbero fatto tornare in Italia in 48 ore... Abu Omar rifiutò. Fu portato subito in un altro carcere dei servizi egiziani, dove fu sottoposto a torture tremende”. Abu Omar era emigrato nei primi anni ‘90 in Albania, dove lavorava per due fondazioni islamiche ( Al Haramain eRihs) che dopo l’11 settembre finiranno nella lista nera Usa dei presunti finanziatori di Al Qaeda. Il suo arresto è ‟accidentale”: allertato dalla Cia, lo Shik scopre che è intestata a lui una ‟Land Rover verde scuro” che allarma l’antiterrorismo. Dopo 10 giorni di interrogatori ‟senza troppe pressioni fisiche”, dichiara Nasufi, all’epoca numero due dello Shik, ‟Abu Omar ha ammesso di far parte della Jamaa egiziana, ha fatto i nomi di una decina di affiliati e ha fornito almeno 20 o 30 temi d’indagine alla Cia”. Gli stessi ufficiali albanesi ora in pensione spiegano che il loro dipartimento ‟era in sostanza un braccio della Cia”: ad addestrarli era ‟Mike”, il capocentro dell’intelligence americana, morto nel ‘96 in un incidente stradale e quindi sostituito da ‟Francis”. La Cia riceveva ‟rapporti manoscritti ‟dopo ogni interrogatorio di Abu Omar e lo considerava ‟molto credibile”: ‟Era la prima volta - rivela Nasufi - che riuscivamo a rifornire gli americani di informazioni”. L’imprevisto passato di confidente, secondo alcuni inquirenti milanesi interpellati ieri dal ‟Corriere”, offre la prima spiegazione credibile del rapimento e della proposta ricevuta da Abu Omar in Egitto: tornare a fare l’infiltrato, questa volta in Italia.
Di certo nel 2002 2003 la Cia riceveva in via ufficiale le intercettazioni dell’inchiesta milanese che accusava Abu Omar di reclutare kamikaze per la guerra in Iraq, scoppiata un mese dopo il sequestro. Ma l’utilità del confidente potrebbe spiegare anche perché Abu Omar riuscì a sfuggire agli arresti con cui Cia e Shik decimarono nel 1997 la rete albanese della Jamaa. E perché Abu Omar, lo stesso anno della fuga da Tirana, ottenne addirittura ‟asilo politico ‟in Italia.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …