Guido Olimpio: Fallito nuovo attentato a Londra. Piccole reclute, stesso esplosivo

22 Luglio 2005
Dunque materiale non troppo sofisticato, che un artificiere può lavorare nel garage di casa. Le ricette sono rintracciabili su Internet e decine di estremisti in Europa sono stati addestrati all’uso. Pochi giorni dopo la strage, Scotland Yard ha fatto irruzione in una casa di Leeds trovando la vasca da bagno piena dello stesso tipo di esplosivo. Sull’auto lasciata dal commando in un parcheggio di Luton c’erano 9 bombe pronte all’uso. ‟Vi è in giro un altro team che può colpire in qualsiasi momento”, avevano detto le autorità inglesi. In questo caso la cellula anglo-pachistana del 7 luglio potrebbe aver perso tutto il suo arsenale costringendo la seconda linea - meno addestrata - ad arrangiarsi. La nuova ondata di attacchi è stata allora condotta con bombe più piccole e confezionate da mani non troppo esperte.
Avendo rinvenuti alcuni ordigni quasi intatti, gli uomini della scientifica hanno indizi importanti su cui lavorare. E potrà dire se nel team B c’era qualche kamikaze potenziale. Un altro dato emerge dall’analisi dei tre avvenimenti chiave. Nella primavera 2003 due kamikaze inglesi d’origine asiatica compiono una missione davanti ad un pub di Tel Aviv. Il primo muore subito, il secondo resta solamente ferito perché la cintura esplosiva non funziona bene e viene trovato cadavere in mare. La coppia era in contatto con il Mohammed Sidique Khan, responsabile della cellula di Londra. Il 7 luglio 3 degli ordigni deflagrano simultaneamente mentre il quarto scoppia sul bus più tardi con l’attentatore che attira l’attenzione perché traffica con lo zaino. Quindi ieri il parziale fallimento. È solo casualità? O ci sono motivi tecnici legati all’addestramento? Se sono terroristi ‟fai da te” è possibile che abbiano - per nostra fortuna - carenze tecniche. Se l’esplosivo è ‟costruito in casa” può essere instabile e soggetto a incidenti.
Scotland Yard, abile nel depistare la stampa e decisa a contenere l’impatto propagandistico, sostiene che per ora non vi è un legame diretto tra i due attentati ma ‟assonanze”. Qualche esperto nutre dei dubbi: non si tratta della stessa banda, bensì di un gruppo ‟amatoriale” che ha voluto emulare i killer. Una evenienza che inquieta. Al cittadino poco importa chi lo uccide e si chiede: quanti altri militanti sono pronti a rifarlo? Sicuramente non pochi e difficili da individuare. È probabile che la campagna di Londra, con la grande copertura mediatica internazionale, porti gli indecisi ad unirsi all’offensiva estremista. Le indagini di questi giorni hanno sottolineato come i membri della cellula siano diversi. La ‟fanteria” è composta da 3-4 elementi con una vita normale, famiglia, persino dei figli, origini asiatiche, caraibiche. A guidarli un ‟emiro” con autorità, carisma e contatti importanti in Pakistan o Afghanistan. Questo è il volto degli euro-jihadisti. Per fare un paragone con il mondo del crimine possiamo dire che Al Qaeda è la mafia dai tentacoli globali, mentre questi nuclei sono simili alle gang giovanili radicate nel quartiere. Quando serve la casa madre qaedista si rivolge alla manovalanza. Spendibile come kamikaze, combattiva più di un mujahidin, gestibile più di un robot. I quattro di Leeds vivevano in un’area geografica ridotta ma erano legati a figure di Al Qaeda nascoste tra Lahore e Karachi. Se gratti, sotto la vernice fresca del jihadismo spontaneo trovi il ferro di Bin Laden.
Lo schema operativo è temibile. Lo si può riprodurre quanto si vuole contando su un serbatoio di reclute formidabile. Lo si può usare in una qualsiasi città europea e senza correre rischi nella fase preparatoria: il controllo di un elemento da parte della polizia non determina necessariamente l’arresto. Gli investigatori possono trascurare segnali importanti. È accaduto a Scotland Yard durante il 2004, con i terroristi che ‟sono passati sotto il radar”. Infatti quelli di Leeds non si tenevano l’esplosivo in casa, ma in un altro edificio adibito a deposito. Gli attacchi di ieri sono avvenuti in una zona leggermente decentrata rispetto al 7 luglio. Uno spostamento dettato da esigenze operative e forse dai controlli. Un percorso già visto in Israele. I kamikaze hanno iniziato le loro operazioni nel cuore delle città e, man mano che la sicurezza cresceva, si sono allargati verso l’esterno. Prima nei quartieri residenziali, poi alla periferia di Gerusalemme o Tel Aviv, infine davanti ai posti di blocco. Gli attentatori hanno però mantenuto il piano di 3 bombe sul metrò ed una sul bus. Come il 7 luglio. Quasi una firma per dire ‟siamo ancora noi”. O pretende di esserlo.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …