Guido Olimpio: Internet e videocamere. I bersagli diventano facili

19 Settembre 2005
Il terrorista è nella sua abitazione in una qualsiasi città del Medio Oriente o del Pakistan. Se ne sta seduto al computer e naviga su Internet. È rilassato. Nessuno lo cerca, non si sente in pericolo. Va all’indirizzo di un motore di ricerca, digita la parola ‟foto satellitare di Roma” e la risposta arriva in pochi secondi. Alcuni siti le offrono gratuitamente: ovviamente qualità e risoluzione sono relative, ma è un buon inizio. Parte così il lavoro di ricognizione di una cellula qaedista che vuole colpire un obiettivo in un Paese occidentale. Continuando a navigare il terrorista arriva non solo ai monumenti e ai palazzi del potere. L’occhio di Internet si posa su aeroporti passeggeri, sui piccoli aeroclub come quello dell’Urbe a Roma. Vede le piste, gli edifici, la recinzione, le strade d’accesso. L’estremista può controllare se esistono edifici vicini da poter usare come punto d’appoggio per lanciare missili portabili Sa 7 (basta un uomo). Alcuni siti si spingono oltre e mettono in rete le foto satellitari di caserme, centri d’ascolto elettronici, basi delle forze speciali della Cia, persino uffici di copertura usate dalle intelligence della Nato. Non mancano le provocazioni. A certi indirizzi c’è il kit completo: foto dal cielo della casa di uno 007, immagini del quartiere dove vive, cartina stradale della zona, nomi dei vicini, indirizzi di eventuali negozi, dal supermarket al fioraio. Una vera attività di spionaggio condotta però in modo trasparente. L’unica controindicazione è che spesso alcune delle immagini gratuite sono datate: ossia c’è il rischio che lo scenario possa essere cambiato. Un esempio. Sulla strada che porta alla zona arrivi di un aeroporto può esserci un posto di blocco creato dopo lo scatto della foto.Se i qaedisti hanno bisogno di maggiori informazioni possono rivolgersi ad agenzie specializzate che vendono le foto dei satelliti. E la spesa può essere contenuta.Il terrorista, sempre seduto in casa o nascosto in una grotta (in quel caso si collega con un telefono satellitare), può arrivare alla planimetria degli aeroporti internazionali e di quelli minori. Con un po’di pazienza può creare il ‟lay out” virtuale, un poligono visivo dove confrontare i dati. Naturalmente questo tipo di ricognizione non è sufficiente per la realizzazione dell’attacco. Di solito un militante, addetto alla logistica e residente nel Paese dove avverrà la missione, filma il bersaglio. Le inchieste condotte in Europa hanno dimostrato che i qaedisti riprendono con piccole videocamere, molto costose, i possibili obiettivi. Non uno, ma diversi. La telecamera ‟fissa” gli ingressi, le eventuali misure di sicurezza (metal detector, telecamere, postazioni di polizia, blocchi di cemento), i possibili punti d’assalto e le vie di fuga. Controlli fondamentali se la gang vuole usare un veicolo-bomba o se invece opterà per l’uomo con la cintura piena d’esplosivo. Le riprese vengono poi inserite nel mezzo di altri video innocui, come cartoni animati e film di avventura, e spediti - se necessario - a un referente che si trova all’estero. Un sistema più rapido e più difficile da intercettare è quello di una email con il file. Una volta ricevuto il dossier, il pianificatore confronta le sue foto con i filmati, studia un possibile piano d’azione, valuta le difficoltà. Quindi impartisce l’ordine.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …