Guido Olimpio: Massacro di Sharm El-Sheikh. “Puniti i sionisti e i crociati”

19 Settembre 2005
Il massacro di Sharm El-Sheikh porta la stessa firma di Taba: ‟le Brigate Azzam - Al Qaeda nel Levante (Sham) e in Egitto”. L’operazione ‟contro sionisti e crociati”, affermano, è una risposta ‟alle forze del male che versano il sangue dei musulmani in Iraq”. Retorica che rappresenta appena un indizio. E le sigle sono un po’come le etichette di una confezione: dentro ci può essere di tutto. Il prodotto originale oppure la copia. Ossia una diramazione di Al Qaeda o una formazione locale che si autopromuove mietendo vittime. In ogni caso l’attacco si colloca - per ora solo idealmente - nella campagna scatenata il 7 luglio, anche se poi è percepito come parte di una sfida globale.
La rivendicazione rappresenta una base di partenza per individuare i responsabili. Il riferimento ad ‟Al Qaeda nel Levante e in Egitto” porta alla regionalizzazione dei gruppi. C’è la tendenza nelle fazioni che si ispirano - anche senza prendere ordini - ad Osama di presentarsi come ‟colonne locali”. Ha iniziato il solito Al-Zarkawi in Iraq, trasformando il suo ‟Al Taweed” in ‟Al Qaeda nella terra dei due fiumi”. Lo hanno seguito i sauditi con ‟Al Qaeda nella penisola (arabica)”, i libanesi-siriani con ‟Al Qaeda nello Sham” (si intende Siria, Libano, Giordania, Palestina), quindi ‟Al Qaeda nella terra d’Algeria”. E’un piano preordinato? Difficile crederlo, però è ciò che sembra. Sicuramente, nell’ultimo anno, nei Paesi che circondano l’Iraq i movimenti jihadisti si sono spostati progressivamente sotto il mantello di Bin Laden usando i metodi di Al-Zarkawi. Il riferimento allo sceicco palestinese Abdallah Azzam è non meno interessante. Considerato il vero mentore di Osama, ha ispirato i mujaheddin arabi durante la guerra ai sovietici e gettato le fondamenta dello jihadismo internazionale. L’esperto francese Olivier Roy ha ricordato ieri sull’Herald Tribune come Azzam, malgrado le sue radici fossero in Palestina (Jenin), rimproverasse ai leader palestinesi di essere troppo concentrati sulle rivendicazioni nazionaliste. L’opera di Azzam si è interrotta bruscamente con la sua misteriosa morte, provocata dall’esplosione di una mina. Se i terroristi di Sharm ‟onorano” il suo nome potrebbe voler dire che appartengono alla nebulosa qaedista. Ma la realtà è più complessa, ricca di sfumature quanto la lingua araba. Di nuovo guardiamo alla rivendicazione: ‟Non avremo paura delle fruste dei torturatori e non perdoneremo chi fa male ai nostri fratelli nel Sinai”. Il riferimento è alle decine di persone arrestate dalla polizia egiziana dopo gli attentati a Taba. L’inchiesta ha portato sul banco degli accusati alcuni beduini, coinvolti nei traffici (armi, droga, esplosivi) e un palestinese. Alcuni sono stati arrestati, altri uccisi in conflitti a fuoco, altri ancora sono in fuga. Ieri sera il ministro degli Interni egiziano non ha escluso che possa essere stata la medesima cellula. La pista locale per la strage di Taba - molto simile per la dinamica a quella di Sharm El-Sheikh - era stata accolta con prudenza. Non si era esclusa una combinazione di attivisti locali e militanti venuti, magari via mare, da fuori. Un patto dettato anche da esigenze logistiche. Perché è così che lavorano i qaedisti. Prima di Taba un importante operativo di Al Qaeda avrebbe soggiornato nell’hotel poi distrutto con il camion-bomba. Alla metà di giugno gli 007 israeliani hanno avvisato gli egiziani della possibilità di un attentato spettacolare contro i turisti nel Sinai. I particolari passati al Cairo erano precisi: tre attacchi in rapida successione. Per ora il vero punto di contatto con Londra è nel comportamento dei terroristi, usati come pedine da sacrificare e poco addestrati. A Sharm almeno due si sono fatti saltare lontano dall’obiettivo e in mezzo a loro fratelli musulmani. Quello che conta, per chi li manda, è provocare il panico, dimostrare di essere ovunque e di punire due Paesi - Egitto e Gran Bretagna - alleati degli Usa.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …