Guido Olimpio: Usa. Se ne va il principe saudita dei mille intrighi

22 Luglio 2005
Torna a casa il principe Bandar, per 22 anni intrigante e influente ambasciatore dell’Arabia Saudita negli Stati Uniti. Un’uscita di scena annunciata che coincide con un momento delicato per il regno del petrolio, minacciato dagli attacchi qaedisti e in tensione per la successione al malato re Fahd.
Affascinante la storia personale di Bandar. Suo padre è il principe Sultan, attuale ministro della Difesa. La mamma una domestica di palazzo. Una condizione che lo ha tenuto nell’ombra fintanto che la nonna, la vedova del re Abdulaziz, lo ha spinto in alto. Pilota di caccia, università americane, Bandar si è trasformato nel miglior amico di Washington, contribuendo alla firma di accordi economici importanti. Dalla vendita di aerei militari alle intese sul petrolio. Nominato nel 1983 ambasciatore, si è conquistato la fiducia di molti presidenti. Andava a caccia con Carter, a pesca con Bush senior. Molto generoso, ha finanziato con un assegno miliardario l’Università dell’Arkansas, lo Stato di Bill Clinton. Amante dei cavalli e dei sigari, definito il Gatsby saudita, Bandar si è immerso nella realtà americana. Tifando per i Dallas Cowboys, indossando stivaletti texani. Nel corso degli anni ha cementato un rapporto speciale con la famiglia Bush. Un’amicizia legata ai rapporti politici e agli interessi privati (petrolio). Famosa la foto del principe nel ranch di Bush in Texas.
Per molti Bandar, oltre a essere un maestro di diplomazia, è stato il re dell’intrigo. Infatti ha partecipato alle trattative per ottenere la partenza dei dirigenti dell’Olp - compreso Arafat - da Beirut nell’estate 1982. Ha avuto un ruolo nell’affare Irangate, l’operazione clandestina per finanziare i ribelli contras in Nicaragua e inviare armi all’Iran degli ayatollah. È sempre Bandar a coordinare con Cia e servizi segreti pachistani il piano di assistenza ai mujaheddin afghani impegnati contro l’Armata Rossa. Quando l’Iraq invade il Kuwait nell’estate del 1990, si rivela decisivo nelle trattative che portano migliaia di soldati americani in terra saudita. Una presenza indispensabile all’epoca per fermare Saddam, ma considerata un peccato oltraggioso dai fondamentalisti e dallo stesso Osama Bin Laden. Bandar attraversa, con charme, tutte le crisi. ‟Riesce a convincere gli americani che può avere tutto ciò che vuole da re Fahd e convince i sauditi che possono avere tutto ciò che vogliono da Washington”, è la definizione che ha dato di lui un anonimo diplomatico statunitense.
La stella di Bandar si è offuscata con l’11 settembre. Rivelazioni della stampa americana hanno accusato sua moglie di aver finanziato associazioni radicali islamiche. E lo stesso Bandar è stato al centro di una polemica dopo che si è scoperto che alcuni parenti di Bin Laden, residenti negli Usa, erano stati lasciati partire con l’ennesima operazione clandestina. Da allora è stato un susseguirsi di articoli e inchieste sulla saudi-connection, sulle protezioni concesse da Riad agli ispiratori dell’integralismo. Ora per il principe, a 56 anni, potrebbe aprirsi una nuova carriera nel campo della sicurezza, settore delicato in Arabia Saudita. Al suo posto andrà il principe Al Turki. Un altro principe delle tenebre. Ex capo degli 007, ha aiutato i mujaheddin afghani e intrecciato rapporti con Osama. Non sarà facile per lui a Washington.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …