Guido Olimpio: Gli Usa a Damasco. Hariri, delitto politico

24 Ottobre 2005
Per Damasco si tratta di un rapporto ‟lontano dalla verità e non giusto”. Per Washington, invece, quello dell’Onu è un documento ‟inquietante” su ‟un delitto politico” che richiede ‟una risposta vigorosa” del Consiglio di sicurezza. In pratica sanzioni: ‟Noi stiamo considerando tutta una serie d’opzioni”, ha dichiarato l’ambasciatore americano al Palazzo di Vetro, John Bolton. E lo stesso Bush ha chiesto alle Nazioni Unite una sessione straordinaria proprio per discutere il dossier sull’omicidio dell’ex premier libanese, assassinato il 14 febbraio 2005. Il lavoro di indagine del giudice tedesco Mehlis, un vero mastino, sembra aver inchiodato la Siria alle sue responsabilità. Sono stati gli 007 di Damasco e quelli libanesi ad aver organizzato il complotto. In una versione elettronica del dossier compaiono anche alcuni nomi, poi cancellati perché fino a prova contraria, ha sottolineato Mehlis, c’è ‟la presunzione di innocenza”.
Una correzione forse imposta dal peso dei personaggi chiamati in causa. Nell’ordine: Assef Shawkat, cognato del presidente siriano Bashar Assad; Maher Assad, fratello del raìs; Jamil Sayyed, capo dell’intelligence libanese; Hassan Khalil, ex responsabile degli 007 militari siriani; Bahjat Suleiman, ex alto dirigente della sicurezza siriana. Il dossier contiene i testi di alcune conversazioni che non lasciano spazio a dubbi. ‟Stiamo per mandarlo in viaggio, addio Hariri”. A parlare è il capo della guardia presidenziale libanese, Mustafa Hamdan: poco più di quattro mesi dopo l’ex premier rimaneva ucciso da una tonnellata di esplosivo. Altrettanto eloquente un’altra conversazione, stavolta tra Rustom Ghazali, capo degli 007 siriani in Libano, e un ufficiale libanese, chiamato ‟X”. Quest’ultimo propone di mandargli un messaggio con scritto ‟Arrenditi, maledizione”. Ghazali replica: ‟No, non mandargli un messaggio o altro, altrimenti dirà che lo costringiamo a dimettersi. Lascia fare alla strada... sai cosa voglio dire”. L’attentato viene compiuto da un kamikaze al quale viene fatto credere che l’obiettivo è il premier iracheno Allawi in quei giorni in visita a Beirut. Il terrorista userà un camioncino preparato dai servizi siriani e portato a Beirut da un collaboratore di Assef Shawkat. Fa invece parte del depistaggio la rivendicazione con video del palestinese Abu Addas: l’estremista, manipolato dai siriani, sarebbe stato poi fatto sparire. Altre accuse sono state mosse alla fazione palestinese pro-siriana di Ahmed Jibril. Il giallo, comunque, non è ancora concluso: il procuratore ha ottenuto un supplemento di indagine. Non meno gravi le conseguenze politiche per la Siria, assediata e sotto accusa. Bashar forse dovrà sacrificare qualche testa.

Le voci degli assassini in una microspia
Una conversazione registrata da una microspia nascosta in una stilografica: così l’ex premier libanese Rafik Hariri avrebbe incastrato i suoi futuri assassini. Parole minacciose pronunciate nei suoi confronti dai dirigenti siriani. Parole poi finite nel dossier Onu. E’questo uno dei "chiodi" investigativi al quale è appeso l’atto d’accusa del procuratore tedesco Detlev Mehlis. Un rapporto che, nella prima versione, coinvolge figure importanti della nomenklatura siriana. E’ un colpo alla "falange" che protegge il potere. Il primo nome è quelli di Assef Shawkat, 55 anni, capo dell’intelligence militare e cognato del presidente Bashar. I suoi avversari dicono che è abituato a cambiare le carte in tavola. Sostengono che abbia persino falsificato la laurea: scoperto dai professori ha dovuto riscriverla. Nato a Tartus in una famiglia di umili origini, Assef ha cambiato la sua vita sposando nel 1995 la figlia di Hafez Assad, Bushra. Un matrimonio a lungo osteggiato dal figlio prediletto del raìs, Basil. Ma la morte di quest’ultimo, in un misterioso incidente stradale, gli ha aperto le porte della famiglia e del potere. Assef è diventata la sentinella del regime, vegliando su manovre e intrighi, coltivano rapporti speciali con fazioni estremiste mediorientali. Nell’ottobre 2000 viene ferito dall’altro cognato, Maher, nel corso di una lite a palazzo. Curatosi a Parigi, ritorna a Damasco stringendo ancora di più il rapporto di fiducia con Bashar diventando in poco tempo responsabile dell’intelligence militare. Secondo fonti libanesi Assef, insieme al generale Bahjat Suleiman e a Maher, propongono l’uccisione di Hariri, ritenuto un ostacolo alla continuazione dell’egemonia siriana in Libano. Unico contrario l’altro uomo forte, il ministro dell’Interno Gazi Kanaan, "suicidatosi" a Damasco pochi giorni fa. Una fine inquietante per molti legata alle conclusioni del rapporto Onu. Il secondo sospetto è Maher Assad, fratello minore di Bashar. Carattere difficile, umorale, guida la Brigata della Guardia repubblicana, un reparto d’elite con la funzione di scudo del presidente. Nato nel 1968, è cresciuto distante dai riflettori. Dopo una laurea in economia, è entrato nell’esercito. Maher ha creato non poche grane per i suoi scoppi d’ira: prima contro Assef e quindi nei confronti di un cugino. Nel 2000 è entrato a far parte del Comitato centrale del Baath. Il suo nome, come quello di Assef, compare solo nella prima versione del rapporto Onu. Comprimari ma abilissimi nella trame, i siriani Bahjat Suleiman e Hassan Khalil, e il libanese Jamil Sayyed. Suleiman, a lungo responsabile dell’unità 251, è stato definito il "padrino" e, pur appartenendo ad un clan minore, si è trasformato in un acceso sostenitore del potere. Khalil, che ha guidato gli 007 militari, ha condotto negoziati con Israele, è stato un interlocutore della Cia, ha manovrato gruppi palestinesi. Bashar Assad lo sostituisce due giorni dopo l’omicidio Hariri, quasi volesse indicare un colpevole. Sayyed, capo dell’intelligence militare libanese, 60 anni, era alleato di Hariri ed ha poi stretto un’alleanza con gli 007 siriani. Avrebbe partecipato all’operazione di depistaggio. Per gli uomini del complotto la colpa dell’attentato doveva ricadere su Al Qaeda.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …