Riccardo Staglianò: Teheran contro Roma. “Complici degli israeliani”

04 Novembre 2005
Nel giorno della rabbia e dell’orgoglio di Teheran l’Italia diventa un nuovo nemico. ‟Non siete al livello degli Stati Uniti” quanto a ostilità contro la Repubblica Islamica, concede uno dei leader degli studenti radicali, Mohammad Reza Mardani. Però, quando Gianfranco Fini propone di rimandare all’Onu il dossier sull’uranio ‟vi rendete complici della campagna di propaganda israeliana”, dimostrando ‟indifferenza al massacro dei palestinesi” rincara Hamid Reza Asefi, portavoce del ministro degli Esteri.
La rabbia nei confronti di Roma è stata tenuta a bada dalla dirigenza dei Basiji, che ha stoppato la contro-manifestazione che le milizie giovanili avevano annunciato davanti all’Ambasciata italiana nella capitale iraniana. Sarà per i prossimi giorni, sempre che arrivi il permesso dal ministero degli Interni, ma non oggi, Eid el Fitr, festa della fine del Ramadan, né domani, venerdì islamico. E comunque, spiega ancora Mardani, si tratterà di una protesta mirata ‟contro gli ispiratori del complotto, i sionisti. Che ‟non sono tutti gli ebrei, come con Taliban non intendiamo tutti i musulmani”. Piuttosto il governo iraniano è preoccupato, dal suo punto di vista, dalla manifestazione che si terrà a Roma stasera contro le dichiarazioni (‟Israele deve essere cancellata”) di Mahmud Ahmadinejad. E ha affidato una formale nota di protesta all’ambasciatore Roberto Toscano. Al quale il vice presidente Parziv Davoudi ha ricordato che l’Iran considera l’Italia il suo più importante partner commerciale in Europa, che le relazioni bilaterali stanno crescendo e che quindi racconti bene in patria questi sentimenti di cooperazione senza farsi ‟influenzare dalla propaganda sionista”, come ha riportato l’agenzia governativa Irna.
L’orgoglio intanto prendeva per le strade della capitale, dove erano scese migliaia di giovani, la forma trita e rituale delle bandiere americane e con la stella di Davide bruciate, con i fantocci del trio Bush-Sharon-Blair presi di mira da sassaiole. L’occasione era il ventiseiesimo anniversario della presa dell’ambasciata americana, quel 4 novembre 1979 che ‟mandò in frantumi la falsa immagine dell’invincibilità Usa” come ha ricordato, in un discorso al Parlamento, il suo presidente Gholam Ali Haddad Adel. Auspicando che le ‟nazioni del mondo seguano l’esempio mostrato allora dal suo popolo”, sequestrando per 444 giorni 52 diplomatici, ‟contro l’arroganza mondiale”. Che ha, nella stantìa retorica della Repubblica Islamica, ancora la faccia dei pupazzi di cartone bersagliati dai manifestanti. Oltre alla presa del "nido delle spie" (come venne ribattezzata la rappresentanza diplomatica di lì in poi) domani accaddero anche due altri eventi chiave per l’epopea rivoluzionaria del paese. L’inizio dell’esilio dell’ayatollah Khomeini, nel 1964, e l’uccisione - il ‟martirio” nel ricordo del Majlis, l’assemblea iraniana - da parte della polizia dello scià di un gran numero di studenti che manifestavano contro il regime.
Una giornata densa di simboli che l’ultraconservatore Ahmadinejad non poteva non celebrare con enfasi patriottica. E che era iniziata malissimo, con due modeste bombe scoppiate senza fare feriti in un palazzo che ospita le compagnie britanniche British Airways e Bp. Unica nota dissonante, nel coro dei festeggiamenti, è arrivata dal Mosharekat, il più importante gruppo politico riformista. Molto preoccupato, come si legge in una nota, per la scelta di ‟mettere da parte la politica di distensione e di creazione di fiducia con il mondo” compiuta dal nuovo governo. E che ‟indebolirà la posizione e il credito internazionale del paese”. Una sorte che ieri sera, nel ricevimento a Villa Madama cui l’ha invitato Berlusconi, l’ambasciatore iraniano ha cercato per parte sua di scongiurare.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …