Riccardo Staglianò: Internet, primo round agli Usa per il controllo della rete

17 Novembre 2005
Se ne riparla tra cinque anni. L'"accordo" che si è raggiunto al Summit mondiale sulla società dell´informazione è un grande rinvio. Che si riassume nell´impegno del segretario generale dell´Onu Kofi Annan di spostare all´interno di un forum internazionale il dibattito su quale dovrà essere l´evoluzione di internet. Di questo organismo si sa solo che vi faranno parte ‟istituzioni, società civile e imprese” e si immagina che si occuperà di accesso alla rete, spam e virus. I dettagli concreti scarseggiano. Ciò che sembra più chiaro è invece il nome del vincitore della tenzone politico-tecnologica: gli Stati Uniti, accusati da un gruppo di paesi tra cui Cina, Iran e Brasile di controllare lo sviluppo del web attraverso la società privata Icann. Perché, in pratica, da domani non cambierà niente: l´azienda californiana continuerà a gestire l´assegnazione dei ‟domini”, gli indirizzi internettiani, mentre il consesso internazionale dibatterà di come, eventualmente, sostituirla. E´ passata infine la ‟terza via”, che non la dà vinta ai paesi emergenti ma impegna Washington a prendere in considerazione di allargare la gestione della rete. Un compromesso caldeggiato dall´Italia e dal ministro dell´Innovazione Lucio Stanca.
Molti analisti, tuttavia, hanno sottolineato come quello al centro del dibattito tunisino sia un falso problema. ‟L´idea di impadronirsi dell´Icann è un po´ un´assurdità” ha detto al ‟New York Times” Robert Kahn, uno dei due ‟papà” di internet. Perché, ha spiegato, non è attraverso l´assegnazione dei domini che si controllano i contenuti delle pagine web: la censura avviene, benissimo, già adesso e responsabili sono spesso proprio quei governi strenui sostenitori della gestione multilaterale della rete.
Il problema, quindi, è più politico che tecnologico. E ripropone, nel mondo virtuale, la contrapposizione tra unilateralismo Usa (che su internet però ha funzionato bene) e multilateralismo onusiano, soluzione teoricamente assai migliore ma lastricata di ostacoli tecnologici ancora da risolvere. E che si è accentuata a giugno scorso quando l´amministrazione Bush ha dichiarato di voler mantenere una ‟supervisione a tempo indeterminato” sull´Icann attraverso il ministero del Commercio che sin qui, a onor del vero, non si è mai troppo immischiato nelle scelte dell´organismo.
Una discussione, quella del presunto ‟controllo” della rete, che ha relegato in secondo piano tutto il resto. Compresi gli altri temi importanti abbozzati nella fase preliminare del summit che si tenne a Ginevra nel 2003. Allora - come oggi - si promise che, entro il 2015, ogni villaggio del pianeta sarebbe stato collegato a internet. Ma non si stanziarono fondi e per il momento solo il 14% della popolazione totale è online. A recuperare la vocazione originaria dell´incontro, ovvero colmare il divario digitale tra nord e sud del mondo, ci ha pensato ieri sera Nicholas Negroponte.
Il fondatore del Media Lab del Mit ha presentato assieme ad Annan il prototipo di un computer portatile da 100 dollari che dovrebbe essere prodotto a partire dall´anno prossimo e distribuito a milioni di bambini di paesi poveri. Verde pisello e caricabile a manovella, il laptop diventerebbe a sua volta un nodo di una rete wi-fi che potrebbe cablare senza fili zone remote del pianeta. ‟Le famiglie - ha spiegato il professore - non dovrebbero pagare niente e per i governi si tratterebbe di stanziare 20 dollari su cinque anni per ogni ragazzo”. Alcuni governi, probabilmente Brasile e Thailandia, sembrano molto interessati e altrettanto lo sono compagnie private che potrebbero produrlo su vasta scala.
Il segretario generale Onu ha ripetuto, nel suo discorso di apertura, che è il momento di ‟passare dalla diagnosi ai fatti”, che si deve uscire da Tunisi con ‟soluzioni” che ‟espandano le opportunità digitali per tutti”. E, a scanso di equivoci, ha ripetuto che ‟le Nazioni Unite non vogliono controllare internet e diventarne il poliziotto ma assicurare che i suoi immensi benefici siano disponibili per la maggior parte della popolazione”.
Intanto, fuori dai tendoni del PalaKram, una bolla di sicurezza di più di un chilometro proteggeva gli oltre 10 mila delegati e i circa 50 capi di stato partecipanti. Le strade intorno alla capitale erano punteggiate, ogni 2-300 metri, di poliziotti e molti hotel avevano un metal detector all´entrata. In città prosegue da quasi un mese lo sciopero della fame di sette militanti dei diritti civili che protestano contro la linea dura del governo di Ben Alì contro ogni forma di dissidenza, inclusa quella telematica punita con il carcere. Ieri, in una sede strapiena, il presidente della Lega tunisina dei diritti dell´uomo ha denunciato l´impossibilità di tenere un contro-vertice: ‟Ci hanno ostacolato e intimidito in tutti i modi” ha detto, incolpando il governo. Proteste condivise dal premio Nobel iraniano Shirin Ebadi, in sala. Nei giorni scorsi sono stati picchiati giornalisti stranieri e oscurati vari siti di gruppi che lottano per i diritti civili. Un triste paradosso a margine di un convegno che si occupa di come fare arrivare l´informazione in ogni angolo del mondo.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …