Paolo Andruccioli: La crisi mette a rischio altri 225 mila posti di lavoro

13 Dicembre 2005
Le crisi aziendali (in diversi settori merceologici) mettono a repentaglio migliaia di posti di lavoro (quasi 226 mila), la cassa integrazione continua ad essere usata anche in modo forzato, l'occupazione rallenta fino quasi a fermarsi, mentre la maggioranza dei nuovi posti di lavoro risulta di bassa qualità. E, come se non bastasse, per la prima volta nei flussi dei nuovi occupati, i lavoratori a tempo determinato hanno superato quelli a tempo indeterminato. E' questa, in estrema sintesi, la fotografia del mercato del lavoro e delle politiche industriali che emerge dal secondo rapporto annuale su Crisi industriale, la delecalizzazione e la contrattazione, curato dalla rivista ‟Lavoro e Welfare”, (dipartimento lavoro dei Ds). Il primo elemento che emerge dall'osservatorio è la conferma della stasi (per il secondo anno consecutivo) del tasso di occupazione (+0%) e una flessione del tasso di attività, che sono gli indicatori più corretti per capire lo stato reale del mercato del lavoro. «Non si tratta più di seguire solo il tasso di disoccupazione - ha spiegato ieri il responsabile lavoro dei Ds, Cesare Damiano - ma di studiare il tasso di attività, così come viene fatto in tutti i paesi europei». Dall'analisi dei dati che provengono da tutte le fonti che monitorano il mercato del lavoro italiano emerge il peggioramento della qualità dell'occupazione (precaria) che è stata prodotta durante il governo del centro-destra e il contemporaneo aumento del divario di genere tra donne e uomini.
E' d'altra parte molto preoccupante lo schema che viene pubblicato nel rapporto 2005 sulle aziende in crisi. Sommando le aziende in crisi per difficoltà di carattere finanziario e produttivo a quelle che ricorrono alla cassa integrazione per soppressione di linee di produzione, per cessazione di attività, perché coinvolte da procedure di fallimento o perché interessate dai processi di delocalizzazione, si scopre che in questo momento ci sono 4.060 aziende a rischio. In queste aziende, a giugno, erano occupati 517.067 lavoratori. I posti di lavoro già cancellati o che rischiano di saltare sono 225.547, ovvero il 43,6% del totale degli occupati in queste aziende. Il grosso (74%) si concentra nel sud.
Molto preoccupante l'analisi della cassa integrazione e della palese insufficienza del sistema degli ammortizzatori sociali, illustrata ieri da Damiano durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto. La Cig ordinaria è cresciuta progressivamente dal 2001 al 2004 e mentre nel passato la cassa integrazione riguardava quasi esclusivamente gli operai, ora sono coinvolti anche tecnici e quadri. Seppure a volte discutibili, nella precedente legislatura erano stati attivati strumenti di politica industriale, mentre negli anni di governo del centro-destra si è assistito al vuoto pneumatico. L'unico strumento utilizzato, quindi, è stata la Cig straordinaria (9,5% in più dal 2004 al 2005 e la Cig ordinaria che è cresciuta del 15%. Dalle richieste che sono pervenute al ministero del lavoro si può prevedere solo un'ulteriore crescita nel 2006.
Totalmente negativo anche il bilancio sull'andamento delle retribuzioni. Tra il 1995 e il 2004 le retribuzioni in Italia sono cresciute solo dell'1,6%, mentre il tasso di inflazione è stato più elevato. L'imbroglio evidente riguarda l'inflazione programmata, che è molto diversa da quella reale. Risultato: le retribuzioni sono ferme, mentre crescono le rendite

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …