Guido Olimpio: I Fratelli Musulmani contro Al Qaeda

12 Gennaio 2006
I qaedisti temono più i processi democratici che gli americani. Il voto, la partecipazione alla consultazione, i diritti dei cittadini sono anatemi per i tagliatori di teste. Loro conoscono solo le urne dei morti. La prova? Ayman Al Zawahiri, ideologo di Al Qaeda, e Abu Musab Al Zarkawi, terrorista professionista in Iraq, le due Z del terrore, hanno maledetto i loro fratelli, colpevoli di aver accettato le regole della democrazia. La prima scudisciata l’ha inferta Al Zawahiri nel video diffuso venerdì scorso dalla tv Al Jazira. Il dottore egiziano, che dunque conosce bene la realtà del suo Paese, ha criticato la Fratellanza Musulmana perché ha partecipato alle elezioni riportando un successo significativo e storico. A suo dire il movimento islamico ‟ha fatto il gioco degli americani” e dei regimi della regione. Quasi immediata la replica dal Cairo attraverso le parole del portavoce Essam Al Aryane: ‟Coloro che si oppongono alla partecipazione al potere dei movimenti islamici riformatori sono gli americani, i poteri autoritari arabi, i laici estremisti e Zawahiri. Ecco la strana alleanza”. La condanna del leader qaedista è in linea con quanto sostenuto nel corso degli ultimi due anni. Al Zawahiri ha condotto una campagna personale nel denunciare il progetto riformista in Medio Oriente. Per l’organizzazione di Osama l’unica via percorribile resta quella della lotta armata, con la cacciata degli stranieri e il rovesciamento dei regimi. Non esistono formule di compromesso anche se Bin Laden è sembrato, più a parole che nei fatti, cercarlo almeno con gli europei. Speculare all’intervento in video di Al Zawahiri, un audio di Al Zarkawi, autonominatosi capo di Al Qaeda nella terra dei due fiumi (l’Iraq). Nel nastro il killer ha invitato il ‟Partito islamico”, principale fazione sunnita irachena, ‟ad abbandonare la via della perdizione”. Traduzione: non deve più partecipare al processo politico in Iraq. Il partito, malgrado le minacce e i moniti degli estremisti, ha infatti aderito alla consultazione elettorale del 15 dicembre. Uno smacco per i jihadisti, il cui obiettivo resta sempre il blocco di qualsiasi passo - anche il più piccolo - verso la normalizzazione. Al Zarkawi, da buon seguace di Al Zawahiri, ritiene che in Iraq debba essere instaurato il Califfato e che le truppe straniere così come coloro che collaborano (politici, poliziotti, civili) vadano spazzati via a colpi di kamikaze. Ma l’attacco dei terroristi non ha intimorito i vertici del Partito islamico. ‟Noi continueremo a partecipare al processo politico perché siamo sicuri che questo è necessario e inevitabile per assicurare la stabilità e ottenere la partenza delle truppe straniere”, ha risposto il numero due Iyad Samarrai. La polemica verbale riflette - e questo è l’aspetto più interessante - il dinamismo all’interno dei movimenti islamici tradizionali e le critiche nei confronti delle tecniche assassine di Al Qaeda. Vediamo i punti essenziali. Primo. I Fratelli musulmani in Egitto hanno accettato la via delle urne e lo stesso vuol fare Hamas in Palestina: precludere la loro partecipazione sarebbe un errore. La prova elettorale può essere la spinta per incanalare queste forze in un solco democratico anche se imperfetto. Sono partiti che devono dimostrare sino in fondo il rispetto delle regole, ma intanto hanno già dato un segnale. Secondo. I virulenti attacchi dei qaedisti, accompagnati da azioni violente (specie in Iraq), confermano che il coinvolgimento del maggior numero di soggetti e voci in un progetto costituisce la miglior risposta agli stragisti. I contatti avviati dagli Usa con alcuni settori della guerriglia irachena possono aiutare a isolare il terrorismo. Terzo. Nel mondo musulmano sono ancora tanti coloro che vedono in Al Qaeda una risposta ‟giustificata” allo strapotere americano e alle ingiustizie dei loro alleati locali. È un consenso indiretto, basato su fatti concreti e anche sulla percezione. Ribaltarlo è arduo, ma l’Occidente evitando facili generalizzazioni può ridurlo togliendo acqua agli squali del terrore.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …