Guido Olimpio: Il giallo del computer iraniano: piani veri o un falso?

16 Gennaio 2006
Nessuno - per ora - ha scoperto la ‟pistola fumante” che dimostri che l’Iran vuole costruire l’atomica. Ma, sicuramente, esistono molti indizi. Alcuni raccolti dall’intelligence Usa, altri da quella israeliana, altri ancora forniti dagli oppositori al regime. Piccoli tasselli che permettono di comporre solo parzialmente un quadro accusatorio. Tra questi ve ne è uno affascinante quanto controverso. Ha le forme tecnologiche di un computer portatile. Un laptop. Una ‟fonte di vecchia data” in Iran lo ha fatto arrivare nel 2004 agli 007 statunitensi. Nei suoi file ci sono i piani che descrivono come costruire una testata nucleare con la quale armare un missile terra-terra Shehab. C’è anche un grafico che illustra un’esplosione nel cielo sopra un bersaglio. Dunque il computer, come si dice in gergo, ‟parla”. Fornisce indicazioni sulle intenzioni di Teheran. Altro che programmi pacifici, dicono a Washington, è evidente che il progetto dei mullah è militare. Pur ammettendo che i documenti non rappresentano una prova schiacciante, i funzionari americani rilevano che si tratta di una traccia importante. E per questo nel luglio scorso ne hanno rivelato il contenuto a partner europei e ai vertici dell’Agenzia atomica internazionale, l’Aiea. Guidati da un sottosegretario con competenza sulle armi di distruzione di massa, agenti segreti e scienziati hanno tenuto un briefing negli uffici di Vienna dell’ente di sorveglianza. Con un proiettore hanno mostrato alcuni documenti selezionati, diagrammi e altro materiale ritenuto interessante. Ad assistere allo show, seduto in prima fila, il direttore dell’Aiea, l’egiziano Mohammed El Baradei. Al suo fianco diplomatici di Francia, Germania e Gran Bretagna, i tre Paesi che negoziano con l’Iran. Le reazioni al briefing sono state contrastanti. Gli spettatori hanno mostrato interesse per le rivelazioni ma al tempo stesso hanno espresso riserve sulla fonte. In poche parole vogliono essere sicuri che non si tratti di false informazioni. Gli americani hanno risposto che secondo gli esperti i file del computer appaiono autentici e la fonte affidabile. Un ricercatore intervistato dal ‟New York Times” ha avanzato una terza ipotesi: ‟Potrebbe essere il lavoro di una fazione iraniana e non di un apparato statale”. Il problema è che dopo le bugie sull’arsenale di Saddam è diventato difficile sostenere l’accusa persino nei confronti di un regime che fa sfilare i missili e difende i suoi piani nucleari.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …