Gianni Riotta: Europa e islam. La Spada di Cartone

24 Febbraio 2006
Sorprende nella risposta europea alla mobilitazione islamica dopo le vignette danesi il tono da salotto d’opinione, una colta e raffinata conversazione È come se i leader dell’Unione europea si fossero trasformati in columnist di prestigio. C’è chi prevede fosco lo scontro di civiltà, chiamandoci stentoreo a difendere i valori occidentali. E c’è chi invece, felpato, raccomanda il dialogo. Ma la discussione, a Bruxelles come a Roma, si svolge nel vuoto di iniziativa, come se l’Ue non rappresentasse la seconda potenza mondiale. Il vecchio continente sembra ridotto all’impotenza davanti al tumulto del nuovo mondo, e si rinserra dentro grottesche maschere di Carnevale, il crociato che impugna l’Excalibur di cartone, il multiculturalista che sogna di sedare la jihad con le collanine. Interessi contro valori, scontro con il nemico e dialogo con chi è disponibile, la dialettica seria di ogni strategia diplomatica è ignorata, fino alla débâcle. È ovvio che occorra difendere i valori di tolleranza e convivenza creati con millenni di sofferenze e persecuzioni, a partire dalla cruciale libertà di espressione. Al tempo stesso è evidente come, nel disegnare una linea di azione, non possiamo cadere nell’ottuso ‟io sol combatterò, procomberò sol io”, senza guardare con attenzione e intelligenza a ogni alleato possibile. Churchill, un leone nel difendere i valori occidentali, dichiarò che contro Hitler avrebbe trovato del buono anche nel diavolo e lavorò, finché necessario, con Stalin. Poi lo denunciò. Credere nei propri ideali non vuol dire star fermi a digrignare i denti, si può essere candidi come colombe e astuti come serpenti. Il dibattito non è dunque tra ‟difesa dei valori” e ‟dialogo interculturale”, alla stregua di farmaci rivali. E’tra come usare il dialogo tra le culture per difendere i valori, comprendere le culture vicine e impedire che il nichilismo fondamentalista trionfi. E’pericoloso non vedere come le proteste di regime in Siria e Iran siano diverse dai moti di Libia. Ed è strategicamente devastante restare accecati davanti a un inesistente islam monolitico, perdendo di vista il caleidoscopio di realtà e individui, che la umma - la comunità islamica, araba solo per un quinto - offre, nella storia e nel presente. Dalla Giordania allo Yemen e all’Egitto, intellettuali d’avanguardia si interrogano sulla reazione di sangue alle dissennate vignette, ‟Gli islamisti cercano la prova di forza” scrive Jihad Khazen sul quotidiano panarabo ‟Al Hayat”, la cercano contro gli occidentali ma soprattutto nella fitna, la guerra civile contro i musulmani non violenti. Due superpotenze, Stati Uniti e Chiesa cattolica, hanno affrontato la crisi vignette con diverso aplomb, ribadendo gli ideali ma confermando che chi persegue una missione mondiale non può dimenticare né principi né pragmatismo. Deve parlare chiaro, ma anche dialogare sotto voce, senza l’harakiri dei vignettisti. Il Vaticano ricorda che i gran visir ottomani tolleravano cattolici e cristiani ortodossi, ma deprecavano gli sciiti, considerando i puritani wahhabiti arabi come l’al Qaeda di oggi, estremisti da reprimere con ogni mezzo. E pratica la lezione dello studioso Reza Aslan, memore della guerra civile islamica tra chi vuol ‟chiudere il cancello del Corano”, nell’ijtihad, l’interpretazione dei fondamentalisti, e chi voleva aprirlo al dibattito, come il poeta Muhammad Iqbal. Il Gran Mufti d’Egitto Muhammad Abdu, morto nel 1805, lamentava ‟abbiamo guardato con tanta speranza al liberalismo inglese”, la delusione ha spianato la strada agli estremisti. Se l’Europa insiste nel dividersi tra Hobbes e Pollyanna, tra cinismo e illusioni, l’impotenza dilagherà, i fondamentalisti non saranno messi in scacco e i loro nemici nella umma resteranno isolati. La guerra globale è una lunga guerra, l’Unione deve sapersi muovere con fermezza nelle crisi, dialogando nei giorni quieti. Non c’è da farsi illusioni, senza le vignette i fondamentalisti avrebbero trovato una scusa diversa per attaccare briga. Portare lo scontro sul terreno delle idee e non della provocazione goliardica, Rushdie non Calderoli, ridarà vantaggio morale a noi europei. A patto di non essere né paurosi né gradassi.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …