Guido Olimpio: Quegli “italiani” finiti a Guantanamo

07 Aprile 2006
Le loro storie sono quasi identiche. Vivono in Italia, frequentano ambienti radicali islamici, sono arruolati e vengono inviati verso i campi d' addestramento in Afghanistan. C' è chi parte a metà degli anni ' 90, quando Osama Bin Laden prepara l' esportazione della Jihad. E chi invece raggiunge il rifugio asiatico alla vigilia del tragico 11 settembre 2001. Molti di questi militanti sono stati catturati dagli americani che li hanno internati a Guantanamo. Alcune delle loro biografie sono state rese pubbliche dal Pentagono il 4 marzo e il 3 aprile.

Il veterano
Riyad Mohammed Nasseri, tunisino, lascia l' Italia a metà degli anni ' 90 per la Bosnia, dove entra nel Battaglione Mujaheddin. Secondo diverse inchieste è legato al Gruppo tunisino combattente (Gtc) e al Gia algerino. Per gli americani diventa responsabile di una ‟casa” in Afghanistan che accoglie i volontari dalla Tunisia. Frequenta il campo d' addestramento di Derunta e assume la carica di ‟emiro” del Gtc. E' catturato nella zona di Tora Bora alla fine del 2001. Afferma: ‟Odio l' America sin da piccolo perché è schierata al fianco di Israele”.

Il turista
Lufti Lagha, tunisino, racconta di aver rubato una barca e di essere arrivato con quella sulle coste italiane. Raggiunge il campo di Derunta, via Iran, nell' aprile 2001. Per gli americani Lufti è stato arruolato all' Istituto Islamico di Viale Jenner a Milano, frequenta elementi qaedisti e si presenta come un missionario Tabligh. Un' attività - è l' accusa - che nasconde l' impegno jihadista. Il tunisino nel suo interrogatorio fornisce una versione diversa: ‟Sono andato in Afghanistan per turismo, e ho passato il mio tempo a pescare”.

Il soldato
Mohammed Abdul Rahman, tunisino, viveva in Italia e frequentava la moschea di Viale Jenner a Milano. Il prigioniero è stato reclutato da un pakistano che lo mandato prima in Pakistan (1998), quindi in Afghanistan, campo di Jalalabad. Rahman aveva precedenti penali in Italia ed ha ammesso di aver usato, nell' arco di dieci anni, non meno di 50 alias. Per il Pentagono l' estremista è stato indicato come militante da un alto dirigente qaedista e ha una buona esperienza nell' uso delle armi. Ribatte: ‟Non sono un terrorista e sono stato costretto a trasferirmi in Afghanistan perché le autorità pakistane perseguitavano gli arabi”.

Il devoto
Ridah Al Yazidi, tunisino, afferma di aver scoperto il radicalismo dopo aver ascoltato alla moschea di Viale Jenner i sermoni dello sceicco Soubeihi e quelli di Abdullah Azzam, padre spirituale di Osama. Il suo aggancio è un militante chiamato Moussa che svolge nel Nord Italia la funzione di arruolatore. Ridah prega molto e fa risparmi per poter raggiungere l' Afghanistan mentre si lega a una cellula del Gia algerino. Gli forniscono un passaporto falso con il quale viaggia fino al campo di Khalden, dove segue i corsi di Abu Khabbab, esperto di armi chimiche ed esplosivi. L' estremista viene catturato con un gruppo di guardie del corpo di Bin Laden.

Lo spacciatore
Abdul Mohammed Ourgy, tunisino, sostiene di aver fatto lo spacciatore a Milano. Nell' interrogatorio ha ammesso di essere stato ingaggiato da un militante di nome Abu Abdullah che gli faceva vedere le videocassette sulla guerriglia in Bosnia. Dopo la preparazione religiosa lo hanno mandato nel campo di addestramento di Derunta. E' stato catturato a Tora Bora: gli americani lo accusano di essere stato il cassiere del Gct. Alla domanda ‟se fosse liberato dove vorrebbe andare?” ha replicato: ‟Dovunque, eccetto la Tunisia”.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …