Guido Olimpio: Al Qaeda, minacce dopo la morte di Zarqawi. Attacchi choc

14 Giugno 2006
‟Al Qaeda nella terra dei due fiumi” ribadisce fedeltà a Osama, minaccia azioni su larga scala e sostiene che l’uccisione del suo leader Abu Musab Al Zarqawi non avrà effetti negativi sulla lotta. Con un comunicato del Dipartimento Media, il gruppo annuncia che il ‟Consiglio Consultivo dell’organizzazione si è riunito subito dopo la morte del martire, l’emiro Al Zarqawi, e ha deciso di preparare operazioni in grande stile... Scioccheremo il nemico, gli toglieremo il sonno”. Nel documento non si parla di alcun successore ma c’è solo il riferimento al Consiglio, presieduto da Abderrhaman Rachid Al Bagdadi, da molti ritenuto come la nuova mente del movimento. Le minacce - seguite da attacchi indiscriminati a Bagdad e in altri centri - sono accompagnate da nuove rivelazioni sulla rete di Al Zarqawi. Funzionari dell’intelligence giordana hanno rivelato al ‟New York Times” che il terrorista ha reclutato, addestrato in Iraq e poi rimandato in Medio Oriente e in Europa ben 300 mujaheddin. Un piano meticolosamente studiato per esportare la lotta dall’Iraq verso Giordania, Libano, Siria, Arabia Saudita ed Egitto. Gli 007 hanno quindi confermato il loro coinvolgimento nella caccia ad Al Zarqawi: le informazioni cruciali sarebbero state raccolte da una nuova unità, i ‟Cavalieri di Dio”, creata da re Abdallah per fronteggiare il movimento jihadista. Le rivelazioni giordane si incrociano con quanto è accaduto negli ultimi due anni in Medio Oriente. Sono infatti sorte cellule terroristiche che si sono ispirate ai metodi di lotta del tagliatore di teste. Gli attentati nel Sinai (Taba, Sharm El Sheikh) e Amman hanno rappresentato un evidente tentativo di allargare il campo d’azione da parte di gruppi legati - in modo diretto o solamente ideologico - ad Al Zarqawi. E non è un caso che siano nate sigle simili a quella dell’estremista. Al Qaeda nella terra del Levante, Al Qaeda in Palestina e così via. Per gli esperti il terrorista giordano voleva adottare un progetto in più fasi. La prima aveva come teatro l’Iraq trasformato in grande avamposto, la seconda gli Stati limitrofi, la terza Israele. Una sfida regionale che doveva allungarsi, progressivamente, in Europa, dove Al Zarqawi ha reclutato decine di militanti d’origine araba poi trasformatisi in uomini-bomba. L’obiettivo - sottolineano i giordani - era quello di rivestire un ruolo jihadista globale simile a quello di Osama e di Ayman Al Zawahiri. Le manovre nel Vicino Oriente trovano una sponda nei Paesi europei che, nell’ottica qaedista, sono importanti per tre ragioni: 1) Rappresentano un serbatoio di uomini e risorse. 2) C’è la possibilità di ingaggiare convertiti (è accaduto in Belgio e Germania, dove sono state ‟pescate” donne-kamikaze). 3) Diventano un teatro d’azione. La fine di Al Zarqawi può aver creato difficoltà all’organizzazione, ma - come notano alcuni analisti arabi - i militanti possono trarne una ragione in più per combattere. Un popolare slogan jihadista recita: ‟La nostra credibilità viene dai nostri leader uccisi”.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …