Paolo Andruccioli: Prove tecniche della sinistra

28 Giugno 2006
C'è la questione guerra legata alle scelte afghane, ma c'è anche la questione economia, ovvero i possibili tagli al welfare, il blocco dei contratti pubblici, gli interventi sulle pensioni. Per la sinistra ‟radicale” (così viene definita, in contrasto con la sinistra moderata) la strada della sua partecipazione al governo è tutta in salita. Una cosa è certa però - e ne è la prova una riunione che si è tenuta ieri mattina al Jolly Hotel di Roma - non si ripeterà lo scenario del primo governo Prodi, ovvero non ci dovrebbero essere (meglio usare il condizionale) forzature dei singoli partiti che compongono la maggioranza. Rifondazione, Verdi e Pdci non mettono cioè in conto una sfiducia e una rottura, come è successo tra Fausto Bertinotti e Romano Prodi nel 1998.
I dirigenti dei partiti della sinistra che partecipano oggi al governo insieme ai Ds e alla Margherita sono coscienti del fatto che se dovesse cadere questo esecutivo, l'unica alternativa credibile sarebbe quella di una grande coalizione alla tedesca o peggio ancora un nuovo governo di destra, che questa volta - come ha detto ieri Oliviero Diliberto, segretario del Pdci - durerebbe sessant'anni. L'altro elemento (se vogliamo tattico) di cui sembra ci sia coscienza riguarda la compattezza e il coordinamento costante di un'area di sinistra. Sarebbe da evitare, è stato detto ieri, che un singolo partito venga isolato per le sue posizioni coerenti, magari appunto contro l'intervento militare in Afghanistan. O peggio è da evitare lo scambio di maggioranze (l'Udc che già si dice disposta a votare per la missione in Afghanistan). Ma oltre ai tatticismi e al senso di responsabilità nei confronti degli elettori, emerge anche qualcosa di più: la possibilità di disegnare un percorso comune della sinistra in un futuro che vede all'orizzonte la nascita del Partito Democratico italiano. Gennaro Migliore, a nome di Rifondazione comunista, ha detto ieri che il suo partito è interessato al dialogo anche se ha già messo in campo da tempo l'ipotesi del Partito della sinistra europea.
Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, rilancia invece l'ipotesi del Partito del lavoro, mentre i Verdi, con Bonelli, ribadiscono di essere interessati alla costruzione di un luogo di consultazione costante della sinistra. Al dibattito di ieri hanno partecipato anche sindacalisti (c'era anche Nicolosi che ha sostituito Patta in Cgil) e rappresentanti di aree diverse. Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil e diessino di sinistra, ha invitato tutti a riflettere sui limiti e gli errori. Il mondo è cambiato e cambiano anche i problemi della rappresentanza. La politica non si può autoriprodurre come se niente fosse successo e deve piuttosto prendere spunto da una splendida vittoria come quella del referendum. Il problema, dunque, è riorganizzare una forza di sinistra, ma con criteri completamente rinnovati.
Un processo molto difficile, come ha spiegato bene ieri l'ex sindacalista della Cgil, Fulvio Perini che invita però a scommettere sull'impresa e come ha detto anche Aldo Tortorella, che dall'alto dei suoi ottantanni (‟un ragazzo viste le età di molti esponenti ancora attivi nella politica italiana”), ha invitato i più giovani a riprendere un percorso che era stato avviato, quello appunto del Partito del lavoro, ma che poi si è arenato. Una nuova forza politica di sinistra, ha spiegato Tortorella, non potrà che ripartire dal lavoro e dalla necessità fondante di mantenere aperta l'idea della trasformazione sociale. La parole chiave: ‟lavoro e libertà”.
Gian Paolo Patta, oggi sottosegretario al ministero della Salute e fino a ieri leader della minoranza della Cgil, ha ipotizzato una terza strada - da non confondere ovviamente con la terza via di Tony Blair - oltre quelle in campo del Partito della sinistra europea (Rifondazione) e del Partito del lavoro (Pdci). Patta dice una cosa semplice: si tratta di mantenere aperto un dialogo con la sinistra diessina che non accetterà di stare dentro il Partito democratico. Scommessa doppia: essere uniti e rinnovare la rappresentanza, a cominciare dallo scandalo dei suoi costi.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …