Guido Olimpio: Haifa, il simbolo violato

14 Luglio 2006
Haifa ha i colori e i simboli di una città israeliana, ma le voci sono arabe. Stretta tra il mare e la montagna è una città mista. In alto sul Carmel le vie ordinate, gli alberghi moderni, i caffè all’aperto passione e vita degli israeliani, il verde degli alberi. Scendendo verso il Mediterraneo la prima mediazione. Il bellissimo santuario dei Bahai, una religione perseguitata in diversi Paesi che ha edificato qui la sua San Pietro. Uno splendido giardino circonda un edificio con la cupola che ricorda una moschea. La cura dei vialetti, la meticolosità con cui sono tagliate le siepi, l’atmosfera raccolta spariscono quando ci si avvicina al centro. Haifa ridiventa araba e israeliana. Le due lingue si mescolano, così come si alternano suoni e musiche. Strade ripide dove si affacciano botteghe dai sapori orientali e negozi dalle mode occidentali. Quindi il traffico strombazzante di qualsiasi città israeliana. Haifa, con i suoi 260 mila abitanti, è una città che presenta molti volti. È abbastanza antica da avere una storia da raccontare: è stata catturata nel 638 dai musulmani, poi presa dai crociati nel 1100 ed è passata di mano molte volte, fino al 22 aprile 1948 quando le forze di autodifesa israeliane, l’Haganah, l’hanno conquistata spingendo all’esodo migliaia di arabi. Altri sono rimasti, senza vendere l’anima e l’identità in cambio della cittadinanza. Infatti Haifa è stata spesso citata a modello di convivenza, anche se la violenza non l’ha risparmiata e i rapporti interetnici ne hanno sofferto. L’ultimo attacco per mano di uno Stato arabo lo ha subito nel gennaio 1991, quando ha incassato gli Scud sparati da Saddam Hussein. Poi, durante l’Intifada la città è stata segnata dal passaggio dei kamikaze e in un parcheggio dei bus hanno iniziato a raccogliere le carcasse dei pullman sventrati dalle bombe. Non un museo, ma un ricordo. I terroristi hanno ucciso nei ristoranti tanto gli israeliani che gli arabi. Clienti ebrei, camerieri musulmani accomunati dalla morte. Lo ha raccontato, con tutta la sua forza narrativa, lo scrittore Abraham Yehoshua, che vive da anni ad Haifa e ambienta qui i suoi romanzi. In un’intervista ha ricordato quanto accaduto nel 2002. Un terrorista palestinese si è fatto saltare nel locale sulla spiaggia dove andava a mangiare di solito: ‟La bomba ha falciato i due camerieri arabi con cui spesso mi fermavo a parlare e un’intera famiglia di ebrei. Ho allora deciso di andare al funerale dei due ragazzi nel loro villaggio”.
Prima che la rivolta palestinese sconvolgesse il Paese, Haifa era una città di sinistra. Uno dei suoi sindaci più celebri è stato Mitzna, bravo a gestire la municipalità e progressista, ed è stato mandato a sfidare Ariel Sharon. Una sortita conclusasi con una sconfitta senza appello e confermata dall’andamento delle elezioni del 2006. Il partito Kadima, fondato dall’allora premier, ha avuto il 28,9% dei voti contro il 16,9 dei laburisti. Un solido pragmatismo che si riflette nell’attività di ogni giorno. Ad Haifa combinano tradizione levantina e tecnologia, cultura e scienza. Haifa ospita un importante porto commerciale attorno al quale si sviluppa una attività frenetica. Di nuovo bar, chioschetti, ristoranti popolari dagli aromi inconfondibili di felafel e spiedini di carne. Lungo le banchine i cargo e qualche metro più in là sono all’ancora le navi militari, primo scudo contro le infiltrazioni terroristiche che vengono da Nord.
E come spesso capita in Israele, accanto all’antico la modernità. Haifa va fiera del Technion, l’istituto di ricerche scientifiche, all’avanguardia in molti campi. Civili e militari. E non sono da meno le altre facoltà. Insegnano qui professori che non amano il conformismo. I razzi degli Hezbollah hanno colpito tutto questo.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …