Guido Olimpio: Conquistare un kibbutz. La sorpresa di Nasrallah

20 Luglio 2006
L’esercito israeliano ha intercettato e ucciso un gruppo di guerriglieri che tentava di infiltrarsi oltre confine. Poche righe, in un comunicato sommerso dalle notizie dei bombardamenti. In realtà, è un segnale inquietante perché prefigura uno scenario da incubo. La conquista di un kibbutz di frontiera israeliano da parte dell’Hezbollah, seguito da una presa di ostaggi. A Gerusalemme, gli analisti della Difesa hanno avvertito il governo su quella che potrebbe essere una delle ‟sorprese” annunciate dal segretario dell’Hezbollah Hassan Nasrallah. ‟Quando parla di sorprese vuol dire esattamente sorprese” affermano gli ufficiali. È una tecnica già impiegata durante l’occupazione del Libano da parte di Israele. I militanti pro-iraniani assaltano una postazione, innalzano la bandiera gialla del movimento e si fanno riprendere dalla loro tv, mentre cantano vittoria. L’Hezbollah ha studiato a lungo il confine, scovando i punti ciechi, ossia quelle aree non coperte dal sofisticato sistema video-elettronico. Nel 2002, un commando è riuscito a scavalcare la recinzione in uno di questi ‟buchi” usando una specie di scala. Pochi giorni fa, è di nuovo in uno di questi settori ciechi che gli Hezbollah si sono infiltrati per catturare i due soldati.

Il piano alternativo
Al piano A la presa d’ostaggi può seguire il ‟piano B”. Teheran e gli Hezbollah hanno già invitato i gruppi palestinesi in Cisgiordania e Gaza ad agire. Un atto dovuto nei confronti di chi ha aiutato in modo sostanziale con denaro e informazioni belliche. Ma è possibile - osservano ancora a Gerusalemme - che vengano attivate delle ‟cellule dormienti” Hezbollah presenti in Israele, magari con l’intervento di qualche terrorista ‟bianco”. Un occidentale arruolato alla causa: è avvenuto in passato con il coinvolgimento di estremisti danesi, tedeschi o anglo-pachistani.

L’uso dei missili
In attesa della sorpresa e dopo la prima settimana di guerra, Israele tira un primo bilancio. Che si apre con una valutazione delle mosse Hezbollah. Hassan Nasrallah è partito con un’operazione tattica - la cattura dei due soldati - ed è finito in un conflitto regionale. Dimostrando una grande flessibilità, il movimento ha aggiustato la sua posizione. Dopo i primi giorni con massicci lanci di razzi, ha continuato a sparare, senza però sprecare. Questo perché - sostengono gli israeliani - deve conservare i missili a lungo raggio come risorsa strategica. Teheran, che ha rifornito l’Hezbollah com migliaia di ‟pezzi”, ne ha bisogno non per una crisi locale, bensì in vista di un possibile scontro sul nucleare con gli Usa o lo stesso Israele. I guerriglieri in sostanza devono superare questo round senza bruciare armi che potrebbero tornare utili in futuro.

Gli aiuti
In questi giorni Israele ha cercato di colpire depositi e strutture con risultati alterni. Il movimento ha subìto delle perdite, però ‟funziona, la catena di comando impartisce gli ordini, i consiglieri iraniani restano nei punti chiave, i miliziani sparano”. Anche il blocco imposto al Libano funziona in parte. Pur a ritmo ridotto, i militanti continuano a ricevere rifornimenti attraverso la frontiera siro-libanese: solo due giorni fa, sono stati segnalati diversi passaggi e ieri sono stati colpiti alcuni camion. Piccoli convogli che seguono le piste usate nel 2002 dai siriani per fa arrivare ai militanti missili con un raggio di circa 60 chilometri. Gli esperti di Damasco hanno avvertito i loro alleati sulla scarsa precisione degli ordigni.

I pasdaran
Le incursioni israeliane hanno indotto i pasdaran iraniani, che assistono gli Hezbollah, a essere più cauti. Per questo hanno trasferito mogli e figli in zone sicure, probabilmente nel Nord. Ma continuano a essere presenti nei gangli vitali della formazione sciita: partecipano alle decisioni strategiche, sorvegliano i depositi più importanti, assistono i guerriglieri nell’uso dei missili, mantengono il collegamento con gruppi radicali all’estero. L’attenzione degli esperti militari è concentrata sul ruolo avuto negli ultimi sviluppi sul campo. A cominciare dall’attacco contro la corvetta israeliana, sorpresa da un ordigno anti-nave al largo delle coste beirutine. Gerusalemme ha ammesso che la sua famosa intelligence ha fallito, nessuno si era accorto dell’arrivo dei missili di concezione cinese C-802. Da giorni gli 007 cercano di capire se nell’arsenale del Partito di Dio vi siano anche sistemi anti-aerei sofisticati. Il timore è quello di una trappola per elicotteri e F16.

I quattro
Teheran costituisce il lato più forte di un quadrilatero formato con Siria, Hezbollah, Hamas. La ‟banda dei quattro” ha per ora un interesse comune: l’incendio libanese distoglie la comunità internazionale dai loro problemi. Per l’Iran, poi, la progressiva avanzata dei militanti libanesi è un successo inestimabile. L’analisi dei mullah è semplice e ha i tempi dei movimenti islamici: ‟Con l’Hezbollah non conquistiamo il mondo, però segniamo un punto a favore”. Un successo che, se confermato dal tempo, può costituire un esempio per le inquiete comunità sciite in Arabia Saudita e Bahrein, due Paesi importanti sotto il profilo energetico. In queste ore, gli ayatollah hanno dedicato sforzi pressanti nel mantenere unito il quadrato oltranzista. E infatti hanno concentrato la loro attenzione su Damasco, considerata il lato debole. La Siria ha un esercito antiquato, è preda di tensioni interne (curdi, islamici, qaedisti), il presidente Bashar Assad non è mai riuscito a imporsi. Anche nel rapporto con Nasrallah, il giovane raís è dominato dal carisma del segretario Hezbollah, oggi molto autonomo nelle sue scelte. Gli israeliani sostengono che Teheran tema un coinvolgimento della Siria nel conflitto, perchè Bashar potrebbe addossare la colpa all’Hezbollah: ‟Ecco, paghiamo per colpe non nostre”. Quindi Damasco manovra con piccoli passi, garantendo rifornimenti, senza però esporsi in modo diretto. Una sottile differenza che, suggeriscono esperti americani, dovrebbe essere usata da Washington per separare la Siria dall’Iran.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …