Guido Olimpio: Spie e tecnologia, caccia alle armi dell'Hezbollah

20 Luglio 2006
La caccia ai missili è come il gioco del gatto con il topo. Ci vuole pazienza, occhio e mosse rapide. Può iniziare con una segnalazione vaga. L’informatore del Mossad si accorge che attorno a un edificio in campagna ci sono strani movimenti. Attorno giocano dei bambini, le donne di casa sembrano tranquille. In apparenza tutto è in regola. Ma davanti al portone di un grande capannone ci sono i segni di pneumatici dentati. Sembrano quelli di un camion o di un trattore. All’improvviso, esce un mezzo, sul cassone ha una piccola rampa con diversi tubi-lanciarazzi. Si muove in fretta. Raggiunge una posizione tra gli alberi da dove aprirà il fuoco. È un Fajr 5, uno dei lanciarazzi che Iran e Siria hanno fornito all’Hezbollah. Una salva può arrivare a settanta chilometri di distanza. Compiuta la missione, il camion sparisce in un altro nascondiglio. Sono queste le prede dei cacciatori israeliani. Le inseguono usando le spie sul campo, gli elicotteri Apaches e i caccia. Un lavoro duro. Gerusalemme ha annunciato ieri di aver ridotto del 25-30% la capacità missilistica dell’Hezbollah: infatti, affermano, i tiri si sarebbero ridotti della metà. I generali israeliani puntano non solo a distruggere i lanciatori ma anche a impedire l’afflusso di rifornimenti. Per questo hanno imposto il blocco navale al Libano e hanno bombardato l’autostrada Damasco-Beirut, vena giugulare che alimenta da sempre il Paese. Gli Hezbollah, però, hanno scorte da vendere. Quando è deflagrato il conflitto avevano un arsenale di circa 10-12 mila razzi, con varie gittate. Uno degli ordigni - lo Zalzal 2 - sarebbe in grado di raggiungere un bersaglio a oltre 100 chilometri. ‟Ma se diminuiscono la carica esplosiva possono arrivare a 300 chilometri”, avvertono alcuni esperti. Oggi in Israele è polemica e qualcuno sostiene che è stata sottovalutata la minaccia. In realtà è dal 2002 che gli ufficiali dell’Intelligence avvertono sul flusso continuo di missili. L’Iran ha usato i suoi aerei-cargo per consegnarli al fedele alleato e li ha fatti seguire da un centinaio di pasdaran. Nel frattempo gli Hezbollah hanno preparato i rifugi per accoglierli. Diverse centinaia sono stati sistemati nelle caserme a Balbeck (Bekaa) e nella periferia sud, ma sono stati subito individuati dai caccia. Nei primi due giorni di guerra ne sarebbero stati distrutti 700. Più difficile scovare quelli nei tunnel segreti. I Zalzal, ad esempio, sono stati celati in gallerie nella zona di Tiro e Sidone. Altri nascosti nei magazzini di palazzine private nella Bekaa e in altri centri. Solo una soffiata precisa può consentire la loro localizzazione. Ben protetta anche la dirigenza dell’Hezbollah. Israele - con l’approvazione di Washington - ha promesso di eliminare lo sceicco Hassan Nasrallah, il segretario del movimento, ed una dozzina di alti dirigenti. Nella lista vi sono l’inafferrabile Imad Mugnyeh, grande esperto di azioni segrete, Ibrahim Akil e Halil Harab. Per questo l’aviazione ha sganciato bombe a ripetizione sulla zona meridionale di Beirut, dove il ‟partito di Dio” ha uffici e residenze. Nasrallah è riuscito a sopravvivere al blitz grazie - si dice - al sistema di rifugi sotterranei che ricordano quelli creati dai palestinesi alla fine degli anni ‘70. Fonti israeliane, in quello che sembra un chiaro episodio di guerra di propaganda e disinformazione, hanno persino speculato sull’aspetto del leader comparso alla tv. ‟La sua barba è stinta, segno che non esce dal rifugio da giorni”, ha precisato un ufficiale. Altri sostengono che lo sheikh, seguito dai responsabili dell’apparato clandestino, si sarebbe spostato in un rifugio a Hermil, nel nord del Paese. Ma anche se è nascosto sotto terra Hassan Nasrallah dimostra di poter guidare comunque i suoi uomini. I lanci di razzi continuano e allungano il tiro come prova la ‟pioggia di fuoco” su Afula, a cinquanta chilometri dal confine. Gli artiglieri sciiti hanno l’accortezza di colpire nelle prime ore del giorno e di notte, sperando così di evitare la ricognizione aerea israeliana. Dall’inizio delle ostilità Gerusalemme ha schierato il meglio della sua tecnologia. In particolare i velivoli senza pilota, impiegati con successo durante il conflitto libanese. I piccoli Uav interpretano il ruolo degli scout e le loro telecamere trasmettono le immagini in tempo reale al comando che mobilita i commandos elitrasporati dell’unità Egoz o i caccia. È possibile che diversi esemplari siano anche armati, in modo da poter agire senza dover attendere i rinforzi. Tecnologia moderna che si combina con vecchi sistemi, quali i piccoli dirigibili da osservazione. Uno sarebbe stato abbattuto sulla Bekaa.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …