Vanna Vannuccini: Teheran non teme le sanzioni e gli ayatollah prendono tempo

08 Settembre 2006
Il caponegoziatore Ali Larijani, da cui tutti si aspettano un segnale di chiarezza nel turbine diplomatico sul programma nucleare iraniano, è oggi a Roma per incontrare il presidente del Consiglio Prodi. L´atteso meeting con Solana è stato rinviato a sabato.
Il regime degli ayatollah non ha fretta. È imbaldanzito da una combinazione di fattori che ritiene imbattibili: il primo è il ferreo convincimento di essere dalla parte della ragione, per il fatto che l´Iran è firmatario del Trattato di non proliferazione (il quale consente agli Stati membri l´accesso al ciclo completo della tecnologia nucleare sotto il controllo dell´Aiea).
Il presidente Ahmadinejad è riuscito a convincere di questo diritto la gran parte degli iraniani, anche quelli che non l´hanno in simpatia. Gli iraniani sono capaci di farsi impiccare pur di non dar ragione all´avversario quando ritengono di essere nel giusto, dice la gente a Teheran. Il secondo fattore è la persuasione che, nelle rovine del Nuovo Ordine Mondiale immaginato da Bush, loro emergono come i vincitori. Il terzo è il prezzo del petrolio. Se tutto questo fosse accaduto nel 2002, il petrolio costava 25 dollari al barile, i calcoli iraniani sarebbero stati diversi, dice Karim Sajadpur, esperto dell´International Crisis Group. Infine è cresciuta la diffidenza nei confronti dell´Occidente, dopo che per quasi tre anni Teheran aveva sospeso l´arricchimento dell´uranio in attesa di concludere il negoziato con gli europei, al quale si sperava che anche gli Stati Uniti avrebbero preso parte, abbandonando i propositi di rovesciare il regime teocratico. Ahmadinejad ribadisce continuamente che nei tre anni di sospensione gli iraniani sono stati turlupinati. E ha cercato da allora il più in fretta possibile di arricchire l´uranio, spesso annunciando che il programma era più avanti di quanto realmente non fosse.
Oggi sul tavolo c´è un pacchetto di incentivi che richiede all´Iran di sospendere l´arricchimento dell´uranio prima del negoziato. Ma Larijani porterà con sé, dicono analisti riformatori a Teheran, un solo messaggio: la sospensione non può essere una precondizione ma un risultato dei negoziati. Ahmadinejad insiste anche che il dossier sia tolto dal Consiglio di Sicurezza e torni «al suo posto», cioè all´Aiea.
A lungo si è creduto che Larijani, molto vicino al Leader supremo Khamenei (a lui spetta l´ultima parola sul nucleare), fosse su posizioni più disponibili al compromesso. Ma diversi segnali fanno capire che Khamenei si è schierato dalla parte di Ahmadinejad e l´autonomia negoziale di Larijani è perciò ridotta. Khamenei si sarebbe convinto a sostenere Ahmadinejad perché calcola che le sanzioni non ci saranno. Troppo gravi potrebbero essere le ricadute sugli Stati industrializzati, troppo importanti sono i legami commerciali e industriali con Russia e Cina, che hanno potere di veto al Consiglio di Sicurezza.
La sola soluzione possibile, secondo gli stessi analisti, è che Stati Uniti e Iran mettano da parte la riluttanza al negoziato diretto e partecipino a un negoziato multilaterale senza pregiudiziali. Sarebbe la sola misura per creare la fiducia, dicono. È un parere che comincia ad essere condiviso anche negli Stati Uniti. Perfino durante la Guerra fredda, ha osservato David Ignatius sul Washington Post, tra Usa e Urss c´era una hot line che permetteva di evitare macroscopici errori di calcolo.

Vanna Vannuccini

Vanna Vannuccini è inviata de “la Repubblica”, di cui è stata corrispondente dalla Germania negli anni della caduta del Muro. Ha seguito le Guerre balcaniche, lavorato in diversi paesi e, …