Guido Olimpio: 11 settembre. La nota spese di Atta al “cassiere” di Dubai

31 Ottobre 2006
Il suo sogno era di imparare ‟a volare” per pilotare un jet commerciale, pieno di passeggeri. Ma era il sogno di un Icaro malvagio e assassino. Zacarias Moussaoui voleva mettersi ai comandi di un Jumbo per schiantarsi contro un obiettivo americano. Una missione identica a quella dei 19 kamikaze dell’11 settembre. Lo hanno fermato prima che potesse farlo e la Giustizia Usa lo ha condannato all’ergastolo dopo un controverso processo. Pena che il terrorista franco-marocchino sconta a Supermax, carcere di massima sicurezza sulle Montagne Rocciose. Da qualche settimana le carte del processo contro Moussaoui sono accessibili. Un ‟viaggio” virtuale nell’inchiesta e nel complotto dell’11 settembre. Reperti, documenti, manuali di volo, prove, video, foto raccapriccianti: gli atti presentati dall’accusa e quelli della difesa. Sfogliando le pagine colpiscono subito le email inviate da Moussaoui alle scuole di volo americane. Il piano ideato da Khaled Sheikh Mohammed, presunta mente dell’attentato, prevede infatti che i ‟piloti” designati diventino tali studiando in centri specializzati americani. In un primo messaggio - 6 giugno 2000 - il terrorista si informa sui costi, sui corsi e precisa che vuole iniziare il prima possibile. Quindi conclude l’email così: ‟Sono impaziente di volare insieme”. In un secondo messaggio ribadisce con forza ‟il sogno della sua vita”: volare e diventare pilota. Poi acquista manuali, simulatori di volo per computer, sistemi Gps, apparati radio. È meticoloso nella ricerca e anche parsimonioso. Bada ai conti, sceglie motel economici. Moussaoui non è l’unico a guardare ai centesimi. Dalle carte emerge un documento eccezionale. Una ricevuta di un passaggio di denaro. È il 9 settembre 2001, mancano solo due giorni al Grande Assalto. Mohammed Atta, il capo del gruppo, invia dagli Stati Uniti a un complice a Dubai (Emirati Arabi Uniti) circa 2.800 dollari. È quello che è avanzato nella preparazione della missione suicida. A più riprese il futuro kamikaze e i suoi compagni hanno ricevuto finanziamenti dal ‟cassiere” rimasto nell’ombra nel Golfo. Tra i 500 mila euro e il milione. I qaedisti sono pignoli come ragionieri e determinati come veri mujaheddin. Non a caso Atta è stato definito ‟il soldato perfetto”. Prima di andare incontro alla morte ha lasciato un lungo testo - sempre allegato al dossier ufficiale - dove gli ordini di tipo militare si mescolano a precetti religiosi. Durante ‟l’ultima notte” - quella che precede l’attentato - i terroristi devono ribadire ‟la volontà di martirio”, ‟depilare il loro corpo e cospargersi di colonia”, ‟pregare”. Alcuni reperti fanno rivivere l’orrore del massacro. Foto di resti umani, corpi sfigurati, drammatiche conversazioni tra le persone intrappolate nelle Torri e i soccorritori, immagini del Wtc in fiamme e del Pentagono devastato dall’esplosione. Compaiono nomi e volti delle vittime, i loro effetti personali. Come una patente bruciacchiata rimasta chissà come intatta nel rogo del jet. E destano inquietudine le presunte armi usate dai pirati per prendere il controllo dei jet. Un taglierino affilato, uno spray al pepe, un coltellino svizzero. Oggetti che fino all’11 settembre non erano associati alla minaccia terroristica e adesso sono invece considerati come micidiali strumenti. Le autorità hanno introdotto nuove misure di sicurezza, ma i criminali - se sono vere certe ricostruzioni - hanno inventato altre diavolerie. Conseguenza: basta liquidi nel bagaglio a mano. In attesa della prossima sorpresa.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …