Guido Olimpio: Caso Litvinenko. Le tracce di polonio porteranno al reattore dove è stato prodotto

27 Novembre 2006
È come se indagassero insieme l’anatomo-patologa Kay Scarpetta, Sherlock Holmes e James Bond. Ognuno con il suo ruolo. Occhio clinico, acume da investigatore e astuzia da agente segreto. Saranno loro - ma al posto dei personaggi da romanzo troveremo persone vere - a condurre un’inchiesta difficile, dove le piste si confondono. Il primo atto si svolgerà attorno al tavolo in metallo delle autopsie, dove sarà esaminata la salma di Litvinenko. È da questo primo test che può emergere una traccia importante per l’inchiesta. I residui di polonio - affermano diversi esperti - contengono un ‟codice di riconoscimento” (una sorta di Dna) in base al quale sarà possibile identificare il reattore nucleare che ha prodotto la sostanza letale. Un punto di partenza significativo ma non decisivo. Scoprire, per esempio, che il polonio viene dalla Russia non si traduce automaticamente in un verdetto di colpevolezza per l’intelligence di Putin. L’instabilità e l’insicurezza che circonda gli apparati nucleari (civili, militari) nell’ex Urss lasciano spazio a manovre oscure. Organizzate dalle potenti mafie locali, spesso colluse con spezzoni del potere. Ideate da servizi segreti deviati in guerra con gli esuli. Pianificate da oligarchi in rotta di collisione con il Cremlino, a cominciare dall’onnipresente Berezovskij. E in teoria qualcuno, con una valigia gonfia di euro, avrebbe potuto procurarsi un’arma inedita. Lo dice la realtà. Nel solo 2005, in Russia, sono stati segnalati oltre cento casi di traffico illecito di materiale nucleare. Un incremento del 72% rispetto a cinque anni prima. Un quadro che apre scenari ancora più inquietanti. I terroristi, alla perenne ricerca di sorprese non convenzionali, potrebbero emulare i complottatori di Londra. Una volta scoperto un modus operandi lo si copia. Gli scienziati si affrettano a spiegare che il polonio 210, raro da trovare in natura e altamente pericoloso, viene prodotto soltanto in pochi impianti. L’impiego è nel settore bellico e sui satelliti. Sicuramente, ha sottolineato un funzionario inglese, ‟non lo fabbrichi nella vasca da bagno di casa tua” alludendo alle bombe del metrò costruite con il fai-da-te. Per trattare la sostanza servono competenza, tecnologia, misure di sicurezza. E dunque è chiaro che la sostanza è uscita da un impianto governativo o privato: considerazione che spinge alcuni commentatori a parlare di ‟crimine di stato”, sospettando la mano del Cremlino e del Laboratorio 12, il centro che alimenta l’arsenale del nuovo Kgb. Una volta realizzato, il polonio resiste fino a quattro mesi, poi si degrada e perde efficacia. Quindi chi indaga può restringere la caccia a un periodo determinato. Nell’attentato sarebbero stati usati da 1 a 5 cristalli di polonio, molto simili al sale. Ne bastano appena 8 miliardesimi di grammo per provocare effetti devastanti sul corpo umano. Facilmente trasportabili, non emettono radiazioni, possono essere contenuti in una fiala, in un porta-pillole o in piccolo sacchetto. Scoprirli è difficile: neppure un contatore geiger, precisano da Londra, sarebbe stato in grado di rilevarli. I granelli - solubili - diventano letali solo se iniettati o ingeriti. Esistono pericoli di contaminazione da contatto in caso vi siano piccole escoriazioni sulla pelle. Il killer ha dovuto soltanto pazientare e scegliere il momento più opportuno per agire. Un rapido movimento per spargere il ‟sale tossico” su una pietanza. Probabilmente all’ormai celebre Sushi-bar, nei pressi di Piccadilly, dove Litvinenko aveva un appuntamento con alcune fonti. È qui che ha teso l’agguato l’untore-assassino? Lo dovranno scoprire gli 007 e i colleghi della Special Branch spazzando via le ombre della Guerra Fredda. Sembra un film, ma è una storia reale e tragica.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …