Guido Olimpio: Da Milano scarponi e torce per gli estremisti salafiti in Tunisia

17 Gennaio 2007
Partiamo dai numeri. Le autorità tunisine hanno diffuso il bilancio della battaglia del 3 gennaio a Bir El Bey: 12 terroristi uccisi, 15 catturati o feriti. Ma nel covo sulla ‟Montagna di Piombo” sono stati trovati 65 pagliericci. Dunque significa che un buon numero di mujaheddin sono ancora in libertà e magari stanno preparando la vendetta. E che l’emergenza non sia finita lo si comprende dai segnali lanciati dal regime di Ben Alì. Le forze politiche hanno tenuto riunioni, gli imam hanno invitato alla preghiera, le unità speciali sono state schierate nei punti sensibili. Ha colpito molti osservatori che la risposta sia stata affidata al ministero della Difesa, guidato dall’influente Kamal Mourgane. Nato come il presidente a Haman Sous, con ottimi contatti negli Stati Uniti, l’alto funzionario è considerato come il possibile successore di Ben Alì. I bisbigli della casbah aggiungono che i terroristi potrebbero aver contato su una rete logistica costruita nel tempo. Con una sorpresa: forse armi ed esplosivi sono stati fatti entrare con la complicità del clan Trabelsi, la famiglia che controlla i traffici dei container e alla quale appartiene la first lady. Forse si tratta di insinuazioni, ma danno comunque il senso dell’incertezza. I timori sono condivisi anche dagli ambienti islamici moderati. Da mesi i seguaci di Rachid Gannouchi, in esilio a Londra, segnalano l’avanzata degli estremisti salafiti, sempre più vicini al qaedismo. Minacce verbali, accuse di tradimento, infiltrazione. ‟Hanno cercato alleanze - ci confida una fonte locale -. Prima hanno tentato di saldarsi con il Gruppo combattente libico, però la trattativa si è arenata. Allora hanno rilanciato il patto, sempre solido, con gli algerini del Gspc”. E ha funzionato. Il commando ha usato l’Algeria come piattaforma, si sono addestrati - per anni - insieme ai militanti locali. Poi si sono spostati in una zona montuosa alle spalle di Soliman. I testimoni raccontano che il rifugio non era lontano da una zona dove si addestrava l’esercito e così il training dei mujaheddin si confondeva con quello dei soldati. Se non li avessero intercettati - sembra per caso - i terroristi avrebbero attaccato diverse ambasciate (compresa quella italiana) e luoghi turistici. Un piano affidato a Lassad Sassi, combattente temprato da Afghanistan, Cecenia e Bosnia, dove ha militato nei reparti jihadisti con incarichi di responsabilità. Al tempo stesso un guerrigliero capace di muoversi in Europa. Se sono vere le indiscrezioni di queste ore il capo del commando ha vissuto a lungo a Milano dove fino al 2000 ha coordinato un nucleo di estremisti tunisini. Lo prova l’inchiesta del giudice Guido Salvini che nel 2005 ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti. Dalle indagini emerge il profilo di ‟colonnello” e ideologo di Sassi nella colonia integralista tunisina. Pianifica attentati spettacolari. Insegna ai suoi uomini a realizzare bombe con materiale reperibile sul mercato civile: la stessa formula usata dai kamikaze di Londra. Si autofinanzia con lo spaccio di denaro falso acquistato dalla camorra. Recluta piccoli spacciatori e li converte, con un metodico lavaggio del cervello, alla lotta armata. Basta fumo e birra, al loro posto preghiere e impegno politico. Sassi, che si fa chiamare Abu Ashem, mantiene rapporti operativi con le basi di Al Qaeda in Afghanistan, dove si erano rifugiati all’epoca i leader del Gruppo tunisino combattente. Quando poi raggiunge l’Algeria diventa il pilastro di una rete di aiuti in favore dei salafiti: armi, torce, scarponi, sacchi a pelo. Quando deve comunicare Abu Ashem si arrampica su una montagna algerina - per avere il segnale più forte per il telefono - e detta le ‟ordinazioni” a Milano. Combatte e si prepara, insieme a decine di altri tunisini che trovano nel Gspc il partner perfetto. Adesso sono loro a spaventare la Tunisia.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …