Guido Olimpio: Medina, massacrati tre pellegrini francesi

28 Febbraio 2007
I qaedisti sauditi, questa volta, non hanno voluto rischiare. E ripetendo quanto fatto nel 2003 hanno colpito degli stranieri ‟a caso”. Tre francesi, trucidati a colpi di mitra vicino al sito turistico di Madaen Saleh, nell’area attorno a Medina. Li hanno uccisi solo perché erano occidentali, senza sapere che alcuni di loro erano di fede musulmana. Un’azione che può segnare il ritorno di ‟Al Qaeda nella penisola arabica”. Un agguato che ha provocato l’orrore e lo sgomento del presidente Jacques Chirac. Le autorità saudite, invece, invitano alla prudenza: prematuro indicare piste certe.

La trappola
Un gruppo di cittadini francesi residenti nel Paese, composto da quattro uomini, tre donne e due bambini, si ferma al lato della strada che congiunge Medina a Tabuk, nel nord ovest dell’Arabia Saudita. Tra loro vi sono dei musulmani, diretti alla Mecca per il ‟piccolo pellegrinaggio”. All’improvviso compare una vettura con degli uomini armati. Partono alcune raffiche: due francesi sono uccisi sul colpo, un terzo spira in ospedale. Gli altri sono sotto choc.

I segnali
Le autorità, pur ostentando sicurezza, temevano una ripresa del terrorismo, ma forse non si aspettavano un attacco come quello di ieri, contro bersagli ‟soft”, inermi. Più probabili - sostenevano - attentati agli impianti petroliferi. Nel dicembre 2005 è Ayman Al Zawahiri, ideologo e commentatore, a esortare una ripresa degli attacchi contro l’industria del greggio. Passano pochi mesi e il 24 febbraio 2006 la ‟Brigata sceicco Osama” tenta un assalto all’impianto di Abqaiq. L’attentato sembra però essere un fallimento: le sentinelle uccidono due kamikaze prima che possano fare danni severi. Una sconfitta ammessa anche dagli stessi protagonisti.

Il ritorno
In realtà i qaedisti, come è avvenuto a scadenze regolari negli ultimi quattro anni, subiscono retate e poi rinascono. Una vitalità prima mediatica, con una serie di messaggi su Internet e gli appelli di ulema integralisti. Quindi rimettono in piedi gruppi di fuoco, probabilmente con l’afflusso di militanti andati in Iraq e attivisti appena tornati dall’Afghanistan. Le autorità sono inquiete, temono molto il contagio e per questo progettano la costruzione di un muro che possa proteggere il confine con l’Iraq. Dopo alcuni rastrellamenti mirati scoprono arsenali pieni di armi ed esplosivo.

I messaggi
All’inizio di febbraio, ricompare ‟La voce della Jihad”, settimanale clandestino su Internet. Nelle 56 pagine ci sono consigli religiosi, analisi politiche e soprattutto un paio di articoli illuminanti. Il primo, a firma di Badir Al Himaidi, fornisce una nuova ricostruzione dell’attacco di Abqaiq rivelando che buona parte del commando è riuscita a scappare. Dunque è in grado di agire. Nel secondo articolo, scritto da Adeeb Al Bassam, si esalta l’importanza di colpire l’industria petrolifera, sia per danneggiare l’Occidente che per mettere in difficoltà la Casa reale. Seguono le tradizionali minacce. Rivolgendosi direttamente a Bin Laden, i terroristi affermano di ‟preparare qualcosa che ti farà felice” e ‟scuoterà i pilastri crociati nella penisola arabica”. Quanto all’uccisione di musulmani è già stata prevista. Nei testi qaedisti si afferma che quelle vittime rappresentano un ‟piccolo tributo” pagato per i fratelli caduti in Iraq o Afghanistan. Se si tratta di soldati, poi, meritano la morte perché difendono gli Al Saud, ossia la famiglia al potere. La data di ieri, 26, è di fatto la ricorrenza dell’assalto ad Abqaiq e forse i terroristi hanno voluto ricordarla con una strage. Che aggiunge legna al fuoco dell’instabilità alimentato dai massacri di Bagdad, dalla possibile offensiva talebana in Afghanistan e dalla crisi nucleare che oppone la comunità internazionale all’Iran.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …