Guido Olimpio: Afghanistan, bimbo-talebano sgozza una “spia”

23 Aprile 2007
La decapitazione di una presunta spia eseguita da un dodicenne. Una sequenza di morte documentata con un video e poi diffusa nelle zone di confine pachistane. È l’ultimo prodotto distribuito dalla propaganda talebana. Un filmato che vuole ammonire quanti collaborano con gli occidentali e al tempo stesso dimostrare la determinazione delle giovani reclute accorse alla chiamata jihadista. La sequenza si apre con la breve lettura della sentenza di morte nei confronti di Ghulam Nabi, un guerrigliero pachistano accusato di aver collaborato all’individuazione e all’uccisione del mullah Osmani, meglio conosciuto come il cassiere nonché stretto collaboratore dell’emiro Omar. Il ‟traditore” è costretto ad ammettere le sue colpe davanti a un gruppo di militanti, alcuni dei quali sono degli adolescenti. Quindi la parola passa al piccolo boia. Ha il volto di un bambino e indossa una giacca mimetica. Vogliono farlo sembrare un soldato della Fede. ‟Lui è una spia americana. Coloro che fanno queste cose meritano questo destino”, sentenzia il ragazzino armato con un coltellaccio. Nabi è disteso su un fianco, un mujahed gli tiene sollevata la barba mentre attorno la piccola folla grida ‟Dio è grande”. È la fine per il condannato. Il dodicenne affonda la lama e decapita la povera vittima gridando ‟Allah Akbar” (Dio è il più grande). Un assassinio accompagnato da musiche inneggianti alla Jihad, la colonna sonora abituale dei video realizzati dalla guerriglia in Iraq e Afghanistan. Seguono slogan in onore dello sceicco Osama - un riferimento a Bin Laden - e del mullah Omar. Viene captata anche una citazione del mullah Dadullah, coinvolto nel sequestro Mastrogiacomo e capo delle operazioni militari nel Sud dell’Afghanistan. Il suo nome equivale a terrore, perché chi finisce nelle sue mani rischia davvero grosso. Non è un uomo abituato alla clemenza, nel dubbio uccide. E dunque non sorprende che i suoi guerriglieri possano aver deciso di coinvolgere nel gioco di morte un dodicenne. Sulla piena attendibilità del video non ci sono conferme indipendenti. La tv dell’Associated Press lo ha rintracciato a Peshawar, città pachistana al confine con l’Afghanistan popolata da 007, informatori e simpatizzanti talebani. Ma un’indicazione importante e drammatica viene dal padre della vittima. Ghulam Sakhi ha riconosciuto il figlio dalle foto e ha raccontato che Nabi, alla fine di gennaio, si era recato a Peshawar e quindi a Wana (zona tribale) per ricevere del denaro dai talebani. Con quei soldi avrebbe dovuto comprare armi e cibo per altri guerriglieri. Invece è stato arrestato con l’accusa di spionaggio. I ribelli sono convinti che Nabi abbia fornito agli americani dati importanti per organizzare un agguato nei confronti del mullah Osmani. Il capo ribelle è infatti stato ucciso durante un raid di un elicottero Usa: un’incursione mirata e non casuale. Sconvolto per la tragica fine del figlio, Ghulam Shaki si è lasciato andare: ‟Se li avessi tra le mie mani li ucciderei e sarei capace di mangiare la loro carne”. Il coinvolgimento di baby-guerriglieri è purtroppo una pratica comune in Afghanistan, così come la decapitazione di chi è considerato una spia. Nell’ultimo anno i talebani hanno reclutato - spesso nelle scuole coraniche - ragazzi di 15-16 anni. Molti sono orfani, altri appartengono a famiglie poverissime che li hanno affidati ai mullah nella speranza di sottrarli alla miseria. Un serbatoio dove i ribelli hanno attinto per impiegarli in attentati suicidi. Terribile la testimonianza di un sedicenne raccolta in un rapporto di Amnesty International. ‟Voglio sacrificare la mia vita per l’Islam - ha affermato -. Questo è il nostro Paese e noi siamo musulmani mentre gli stranieri sono qui. Dunque io voglio cacciarli. Ecco perché sono pronto a far esplodere me stesso per ucciderli. Questa è la mia missione”. Un progetto condiviso, purtroppo, da molti bambini-kamikaze, ribattezzati dagli afghani come ‟i figli bastardi di Osama”.

Guido Olimpio

Guido Olimpio, 48 anni, è giornalista del ‟Corriere della Sera”. Dal 1999 al 2003 corrispondente in Israele. Da vent'anni segue il terrorismo internazionale e, in particolare, quello legato alle crisi …