Fabrizio Tonello: Bush-Kerry, sfida a Coral Gables

06 Ottobre 2004
Ieri sera a Coral Gables, in un auditorium della University of Miami, George W. Bush e John Kerry si sono affrontati nel primo faccia a faccia di questa drammatica campagna elettorale. Per ragioni di fuso orario (il dibattito iniziava alle 3 di stamattina, ora italiana) dei contenuti potremo riferire soltanto domani, ma oggi è già possibile inquadrare questa scadenza delle elezioni presidenziali nel suo contesto storico. I dibattiti sono sempre stati un momento importante del confronto fra candidati, almeno dai celeberrimi confronti tra il giudice Douglas e Abramo Lincoln nel 1860: fu in quella sede che il poco conosciuto Lincoln si conquistò la candidatura alla Casa Bianca per il neonato partito repubblicano. Il primo dibattito a essere trasmesso in televisione, e quindi ad avere un impatto nazionale, fu quello tra Kennedy e Nixon nel 1960. Dell'avvenimento si ricorda il fatto che Nixon aveva la barba lunga, mal coperta dal cerone, il che gli diede un'aria patibolare: un grave svantaggio a confronto con l'affascinante candidato democratico.
In realtà i dibattiti furono quattro, non uno, e rivisti oggi hanno un'aria terribilmente "invecchiata": i due contendenti parlano a lungo, di temi noiosissimi come la produzione di energia elettrica o lo stato dell'agricoltura.
Fu probabilmente l'ultima volta che la televisione non riuscì ad imporre i suoi ritmi all'evento, permettendo a Kennedy e a Nixon di fare delle dichiarazioni iniziali di ben 8 minuti: un'eternità. Dal 1980 in poi, con l'eccezione del 1996, i candidati hanno dovuto rinunciare a ogni introduzione e prestarsi a rispondere alle domande dei moderatori nel tempo massimo di 2 minuti, con 1 minuto supplementare per eventuali repliche.
Questo formato ha dato un enorme vantaggio ai politici più cinici, spregiudicati, bugiardi, decisi a evitare ogni argomento complesso e a parlare per slogan. Il fatto che questo sia l'identikit del candidato repubblicano, almeno dal 1980 ad oggi, spiega perché i conservatori hanno vinto cinque delle ultime sette elezioni presidenziali e abbiano buone probabilità di vincere anche quest'anno.
In questo, c'è un'enorme responsabilità dei giornalisti (in particolare quelli delle testate leader come ‟New York Times” e ‟Washington Post”) che hanno accettato, e valorizzato come unico possibile, uno stile da duello rusticano che impediva ogni approfondimento. Peggio: i candidati che cercavano di spiegare la complessità di temi come la difesa dell'ambiente o la riforma del welfare venivano regolarmente derisi per essere troppo "intellettuali". L'antico insulto di stampo maccartista "teste d'uovo" è stato fatto proprio dalla stampa e dalla televisione, facendo passare nel senso comune l'idea che i candidati debbano parlare per slogan ad effetto.
L'effetto si è visto nel 2000, quando George Bush fu proclamato "vincitore" dei dibattiti con Al Gore esclusivamente perché era riuscito ad arrivare alla fine senza confondere il Kuwait con il Kazakistan o Mohammed del Marocco con Mohammed Alì. Da trent'anni circa, i candidati repubblicani fanno del loro meglio per proiettare un'immagine di uomo della strada, ignoranza della politica compresa: Ford, Reagan, Bush padre e Bush figlio cercavano di apparire "dei tipi con cui è piacevole bere un birra", come ha scritto qualche giorno fa Al Gore sul ‟New York Times”. La realtà era naturalmente l'opposto: se l'ignoranza in qualche caso era reale, tutti erano comunque politici di lungo corso, perfettamente in grado di discutere nel merito di un tema, se avessero voluto. A beneficio del telespettatore medio preferivano invece fingere di essere simili a Peter Sellers, lo sprovveduto protagonista del film Oltre il giardino, che diventa celebre per le sue massime di insuperabile banalità.
Solo Gerald Ford, nel 1976, pagò un prezzo politico per una gaffe sulla Polonia e la sfera di influenza sovietica, mentre nel 1980 Reagan surclassò Carter con la sua mimica da attore professionista e, nel 1988, Bush padre ebbe la meglio su un freddo e controllato Dukakis che cercava invano di discutere seriamente. L'unico candidato democratico capace di proiettare un'immagine popolare fu Clinton, che nel 1992 non esitò ad andare a suonare il sassofono in tv e fu inoltre avvantaggiato dal trovare sulla sua strada due candidati anziani e logorati come Bush padre e Bob Dole.
L'elemento paradossale, in tutto ciò, è che la stragrande maggioranza del pubblico chiede invece ai candidati discussioni approfondite, detesta le battute ad effetto, e vorrebbe che i giornalisti (ossessionati dal "chi è in testa nei sondaggi") semplicemente sparissero dalla faccia della terra. Purtroppo, questo non avverrà tanto presto e nell'immediato i dibattiti come quello di ieri sera favoriscono grandemente Bush. I prossimi appuntamenti, sempre con il medesimo formato, saranno per l'8 ottobre a St. Louis nel Missouri e per il 13 ottobre a Tempe, in Arizona.

Fabrizio Tonello

Fabrizio Tonello (1951) insegna Scienza dell'Opinione Pubblica presso l'università di Padova. Ha insegnato anche nel Dipartimento di Scienze della Comunicazione presso l'università di Bologna e nella Scuola Internazionale Superiore di …